giovedì 31 agosto 2017

Disabilità, dal cohousing ai gruppi appartamento: prove di autonomia




L’inchiesta “Mamma vado a vivere da solo (o con gli amici)” del numero di agosto del Magazine SuperAbile-Inail, prova a raccontare esperienze di quotidianità senza mamma e papà, prendendosi cura di sé, facendo la spesa e la lavatrice, cucinando, pulendo e riordinando la casa, meglio con l’aiuto di un educatore se si ha una disabilità intellettiva o di un assistente personale se si ha una disabilità fisica grave. 

Dal cohousing ai gruppi appartamento fino ai condomini solidali, sono tante le storie e i progetti di distacco familiare in Italia. 


A Sinalunga (in provincia di Siena) grazie a “I luoghi dell’habitare”, un’iniziativa da otto posti letto realizzata da Asp “Istituto Maria Redditi”, cooperativa sociale Koinè e Istituto di riabilitazione “Madre della Divina Provvidenza” di Arezzo. 

In Toscana sono cinque le fondazioni che si occupano di “Vai housing”, i progetti per la vita adulta indipendente promossi dalla Regione attraverso le Società della salute dell’Azienda Usl: sono Nuovi giorni e Polis nel fiorentino, Futura dopo di noi a Siena, Il Sole a Grosseto, Dopo di noi nel circondario empolese Valdelsa e Valdarno. 
Ma esistono altre realtà ancora ben più avviate, come per esempio i progetti di residenzialità della Fondazione italiana verso il futuro di Roma che, con le sue sei case (la prima inaugurata nel lontano 1998), chiamano in causa non solo il tema del crescere ma anche quello dell’invecchiare. 
“Casa Primula”, infatti, precursore di molte esperienze italiane, attualmente accoglie cinque donne adulte, tra i 45 e i 65 anni, quattro con la sindrome di Down e una con disabilità intellettiva, tutte ospitate nell'appartamento di proprietà di una di queste. 
Da qualche anno, poi, perfino le singole famiglie si stanno organizzando, grazie al vincolo di destinazione dei beni per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela previsto dall’articolo 2645-ter del Codice civile e citato pure nella nuova legge sul dopo di noi. Proprio in merito a questo tema, infatti, l’Istat ha recentemente stimato che nel nostro Paese ci sono circa 540 mila disabili gravi sotto i 65 anni, il che significa che potrebbero sopravvivere ai propri cari. 

Tanto vale iniziare a pensarci ora. 


Coinquilini con un cromosoma in più. 

Caterina, Alessandro, Leonardo, Elisa, Giorgia, Christian, Mirko e i due Luca: ecco i protagonisti della web-serie “La squadra di Nicola”. 
Le riprese, per la regia di Antonio Saracino e con la collaborazione dei giornalisti Emilio Marrese (La Repubblica) e Riccardo Cucchi (Rai), sono state effettuate all'interno di “Casa Fuoricasa”, uno dei sei appartamenti della Fondazione Dopo di noi Bologna dove i ragazzi con trisomia 21 imparano ad abitare con altri coetanei. 
C’è anche una coppia di fidanzati, Simona e Matteo, che convive stabilmente da due anni e mezzo nella casa di proprietà della famiglia di lei. 
“ L’idea che portiamo avanti non è solo quella della residenzialità: – commenta Luca Marchi, direttore della Fondazione Dopo di noi –. quello che sosteniamo con forza sono veri e propri progetti di vita, perché il tema non è tanto l’invecchiamento dei genitori delle persone disabili quanto piuttosto il loro diritto all'autodeterminazione, il piacere di sentirsi autonomi. E anche il costo per la collettività, ossia quello a carico del sistema sanitario nazionale, è molto minore”. 

La Fondazione ha elaborato anche il progetto “Junior House”: una palestra di indipendenza per gli adolescenti (o poco più) realizzata insieme alle associazioni bolognesi Ceps e Grd onlus, “convinti che non sia mai troppo presto per iniziare a cavarsela da soli, fare acquisti, gestire il denaro o ordinare una pizza da asporto”. 


Autonomia. 
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la cooperativa Vite vere Down Dadi di Padova, che lavora sull'autonomia abitativa dei più giovani a partire dai dodici anni in su. 

Un ricettario semplificato per cucinare bene, telecamere accese le prime volte che i più piccoli sperimentano il vivere senza mamma e papà, imparare a raggiungere la piscina o il posto di lavoro da soli: ecco l’essenza di “Casa Vela” e “Casa Ponte”, sede rispettivamente dei progetti “Navigando” e “Mettiamo su casa”. 
Percorsi graduali, in cui aumentano le ore lontano dalla famiglia e diminuisce la presenza dell’educatore, il cui valore sta nella continuità. 
Attualmente Vite vere Dadi vede coinvolti nei suoi progetti di autonomia abitativa autofinanziati 75 ragazzi Down del padovano, a rotazione, suddivisi in piccoli gruppi. 
Segno che c’è molta richiesta, “anche da parte delle famiglie dei giovani con disabilità intellettiva, tanto che ci stiamo attrezzando ad allestire un nuovo spazio”. 

Si prega cliccare sul seguente link: 
https://controlebarriere.blogspot.it/2017/08/incontro-aperto-alla-cittadinanza-per.html


mercoledì 30 agosto 2017

Non si "difendono" così le persone con disabilità!



Tra le tante reazioni di indignazione e condanna nei confronti del cartello realizzato in Lombardia da quell'automobilista multato per avere occupato abusivamente il parcheggio riservato alle persone con disabilità, ne sono circolate alcune in rete, convinte di difendere la causa delle persone con disabilità. 
Ma in realtà, usando la disabilità mentale come un insulto, rafforzano esse stesse lo stigma contro le persone con disabilità.

In quest’ultimo scorcio d’estate la notizia ha avuto un’ampia copertura mediatica. 
Sto parlando di quell'automobilista che, multato per avere parcheggiato in un posto riservato alle persone con disabilità, ha affisso sulla cassetta di un idrante nel parcheggio sotterraneo del Centro Commerciale Carosello di Carugate (Milano), il cartello con il seguente testo: «A te handiccappato [sic!] che ieri hai chiamato i vigili per non fare 2 metri in più vorrei dirti questo: a me 60€ non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handiccappato……… [sic!]. Sono contento che ti sia capitata questa disgrazia!!!». 
La Procura di Monza ha aperto un’inchiesta per diffamazione aggravata.

Le reazioni di indignazione e di condanna sono state per lo più unanimi. Qualcuna più riflessiva, qualcuna ironica, ma tutte improntate a rivendicare il rispetto delle persone con disabilità e delle regole del convivere civile. 
E in effetti non ci sarebbe molto da aggiungere, salvo notare alcune espressioni usate nei commenti circolati in rete (gli errori ortografici sono gli stessi nei testi originali):
«c’è poco da commentare è partorito con arroganza da una mente malata. Ma quel signore deve ricordarsi di un vecchio proverbio che recita: Il signore Iddio non paga solo il sabato ma, qualche volta, anche di domenica»;
«Semplicemente demente e ottima e cocndivisibile la sua analisi. Ho mandato una foto al corrire che poi non hanno pubblicato di ua foto davanti la motorizzazione di isernia che è immenso con solo alcune macchine parcheggiate ed una dimproprieta di scuola fuida parcheggiata al,posto dei disabili. Bell’ insegnamento . Senza parole»;
«Sono un handicappato,non mi sorprende questa notizia di una persona che ha un grave handicap in testa».

Ebbene, cosa hanno in comune questi tre commenti? 
Tutti utilizzano termini che designano la disabilità mentale («mente malata», «semplicemente demente» e «ha un grave handicap in testa») come un insulto, lo fanno in un luogo pubblico e con la convinzione di star difendendo la causa delle persone con disabilità. 
Uno di essi, tra l’altro, dichiara di essere disabile egli stesso.
Ma costoro stanno davvero difendendo la causa delle persone con disabilità? 
Direi proprio di no, stanno invece ristabilendo una gerarchia nella quale tra le diverse persone con disabilità quelle che ne hanno una che riguarda la mente (intellettive e mentali) si collocano “in fondo alla graduatoria” e sono guardate con biasimo talvolta persino dalle stesse persone con altre disabilità.
E tuttavia, se avere disabilità non genera inferiorità, ma solo maggiori difficoltà, allora nessuno e nessuna è autorizzato a sentirsi superiore a una persona con disabilità (anche intellettiva o mentale). 
Su cosa si baserebbe, infatti, questa superiorità?
Pertanto, chi usa termini che denotano un qualunque tipo di disabilità per insultare (disabili o meno che si sia, anche se è più grave, quando a farlo è proprio un disabile) non sta affatto difendendo la causa delle persone con disabilità, sta invece rafforzando lo stigma contro di esse. 
Uno stigma che, come dimostra l’autore di quel cartello, è ancora abbastanza radicato, senza che nessuno glielo debba confermare.




lunedì 28 agosto 2017

Incontro aperto alla cittadinanza per programmare le attività dell'Associazione


Venerdì 8 settembre alle ore 18:30, presso la sede dell’Associazione “Contro le Barriere” a Taranto in Via Cugini 39/40, invita i propri soci, persone che hanno collaborato con l'Associazione od intendono farlo, ad un incontro per decidere insieme le azioni, le iniziative e le attività che potremmo svolgere a partire dalla seconda decade di settembre di quest'anno.


Il motivo di questo invito aperto anche a persone non soci è relativo al fatto, che secondo la legge quadro 266/91 sul volontariato, le Associazioni svolgono il loro operato non solo nei confronti dei propri soci, ma, soprattutto, dei propri destinatari, in questo caso diversamente abili in genere.

Inoltre, perché  l’Associazione “Contro le Barriere”, fino ad ora ha dimostrato di essere del tutto trasparente nella condivisione dei bisogni espressi e non espressi delle persone con disabilità in genere, per la loro reale inclusione sociale ed autonomia decisionale. 
E' doveroso precisare che quando si parla di disabilità, il riferimento è a tutte quelle persone che vengono discriminati per condizioni fisiche, mentali, sociali ed economiche. 


Nel caso, vorrete prendere visione delle attività più importanti svolte dall'Associazione fino ad ora cliccate sul seguente link: 



Pertanto, l'Associazione vi aspetta a questo appuntamento.


Per qualsiasi informazione al riguardo contattare il Presidente dell'Associazione, Francesco Vinci al 340 50 688 73 od inviando una mail a controlebarriereavdi@gmail.com 


domenica 27 agosto 2017

Ledha querela l'autore del cartello shock nel parcheggio di Carugate





L'associazione ha presentato una denuncia-querela contro l'automobilista che aveva affisso il cartello contro una persona disabile, dopo essere stato multato perché aveva parcheggiato in uno degli spazi riservati ai disabili. "Siamo di fronte a una violenza verbale gratuita e assolutamente immotivata. Vorremmo che l'autore di questo gesto trovasse il coraggio di chiedere scusa e che venisse a trovarci". 



Dopo lo sdegno online e sui social, ora si passa alle vie legali. 

La Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha) ha sporto denuncia-querela contro l'autore del cartello, affisso nel parcheggio del centro commerciale di Carugate, con "gravi offese e ingiurie" rivolte a una persona con disabilità. 
Un cartello scritto probabilmente da un automobilista multato perché aveva parcheggiato nello spazio riservato ai disabili. 
"A te handiccappato che ieri hai chiamato i vigili per non fare due metri in più vorrei dirti questo -si leggeva sul cartello poi rimosso-: a me 60 euro non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handiccappato ... sono contento che ti sia capitata questa disgrazia!". La foto del cartello, scattata da un cliente del centro commerciale, è diventata ben presto virale, tanto da indurre la Procura di Milano ad aprire un'inchiesta. Alla quale ora si aggiunge la denuncia della Ledha. 

“Queste parole rappresentano una gravissima offesa per tutte le persone con disabilità. Siamo di fronte a una violenza verbale gratuita e assolutamente immotivata -commenta Marco Faini, vicepresidente di Ledha-. Uno degli obiettivi statutari dell’associazione è proprio quello del rispetto dei diritti delle persone con disabilità e dei loro familiari. Per questo motivo abbiamo deciso di ricorrere alle vie legali”.


Ledha è un’associazione che da oltre trent’anni è impegnata per la tutela, il rispetto e la promozione dei diritti delle persone con disabilità. Oltre alle attività di formazione, sensibilizzazione e informazione dedicate ai temi della disabilità, l’associazione offre da diversi anni un servizio di tutela legale gratuito a favore delle persone con disabilità e dei loro familiari. 


Un servizio che dal 2015 si è strutturato come Centro Antidiscriminazione intitolato a Franco Bomprezzi che nei primi 18 mesi di attività ha gestito ben 288 pratiche per casi di discriminazione fondata sulla disabilità.


“Auspichiamo che l’autore di questo gesto venga individuato e sanzionato in base ai termini previsti dalla legge”, aggiunge Marco Faini. 

Inoltre, i rappresentanti di Ledha sono disponibili a incontrare la persona che ha affisso il cartello nel parcheggio di Carugate. 
"A prescindere dall’esito dell’iter giudiziario di questa vicenda, vorremmo che l'autore di questo gesto trovasse il coraggio di chiedere scusa - conclude Faini -. E vorremmo soprattutto che venisse a trovarci, per conoscere veramente il mondo delle persone con disabilità”.

sabato 26 agosto 2017

Il rinnovo della patente diventa piu' semplice per le persone sorde



Per le persone sorde, con una patologia che non può peggiorare, la visita per il rinnovo della patente va fatta presso il medico della Asl e la validità è decennale (fino ai 50 anni di età), come avviene per gli altri automobilisti. 

Lo chiarisce una circolare del Ministero della Salute emanata lo scorso 14 agosto in seguito alle numerose segnalazioni di cittadini e dell’Ente nazionale sordi (Ens), che denunciavano la mancata applicazione su tutto il territorio nazionale della legge n. 114/2014, che ha introdotto procedure più snelle per il rilascio e il rinnovo della patente di guida per le persone con patologie stabilizzate. 
Secondo la normativa in vigore, infatti, una volta che la Commissione medica locale abbia accertato che il paziente è affetto da patologia non suscettibile di aggravamento, per il successivo rinnovo non occorre passare di nuovo la visita in Commissione, ma dal medico monocratico.

Accertamenti ridondanti nonostante la legge.
In questi tre anni, però, non si è ridotto il peso della burocrazia per le persone sorde: in diversi casi per rinnovare la patente sono state costrette a effettuare di nuovo la visita in Commissione medica locale con modalità, costi e tempi più gravosi. Spiega il presidente dell’Ens, Giuseppe Petrucci: «Sebbene la norma nazionale semplifichi tempi e modalità di rinnovo proprio per evitare accertamenti ridondanti su disabilità stabilizzate, a livello locale le motorizzazioni civili hanno escluso la sordità dal provvedimento per un’incomprensibile e illegittima interpretazione. In alcuni casi, laddove era state correttamente applicate le disposizioni di legge, alcune persone si sono viste addirittura revocare il rinnovo».

Durata della validità.

Ora la circolare ministeriale fornisce indicazioni alle commissioni mediche locali, precisando che tra le patologie stabilizzate rientra anche la sordità riconosciuta ai sensi della legge n. 381 del 1970. Se la patologia è stabile, quindi, anche per le persone sorde il rinnovo va fatto come per una qualsiasi patente normale, ovvero facendo la visita che certifica l’idoneità dal medico monocratico (di solito della Asl). La scadenza della patente è quella prevista dal codice della strada, quindi la patente B è valida dieci anni fino al cinquantesimo anno di età, poi cinque anni fino ai 70 anni, mentre dai 71 agli 80 anni il rinnovo è previsto ogni 3 anni e per gli over 80 ogni 2 anni.

Non più procedure onerose.

«Le persone sorde, che già incontrano molteplici difficoltà nell'accesso alla comunicazione e all'informazione presso i pubblici uffici, possono finalmente risparmiarsi inutili procedure onerose e avvalersi del rinnovo decennale della patente - commenta Petrucci -. Oltre a semplificare la vita di chi ha una patologia stabile, il provvedimento fa anche risparmiare tempo e risorse alla pubblica amministrazione, che evita così ulteriori iter burocratici e la convocazione delle commissioni mediche».



venerdì 25 agosto 2017

Ecco come i sordi riescono ad "ascoltare" i volti




Secondo uno studio dell’Università di Trento la percezione e l’elaborazione del volto e della voce avvengono nel cervello umano con alcuni meccanismi comuni, nonostante siano veicolate attraverso canali sensoriali distinti.

Uno studio  dimostra come le persone sorde dalla nascita sono in grado di «ascoltare» i volti.


Si può essere ciechi, come l’alpinista Andy Holzer, e voler comunque conquistare le vette più alte al mondo. Ma il dilemma delle opportunità chiama in causa anche i sordi, che dal confronto con un’altra persona desiderano comunque uscire arricchite e con un bagaglio di informazioni più ampio. 

Già, ma come fare se l’udito non funziona? La singola persona, in realtà, non deve fare granché. È il suo cervello che, senza richiedere alcun input dall'esterno, si «riorganizza», in modo da colmare il deficit e rendere la vita di una persona con ridotta capacità uditiva quanto più vicina possibile a quella del resto della popolazione.


LA PLASTICITA’ DEL CERVELLO E’ DETERMINATA SU BASE GENETICA.
La notizia giunge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento e pubblicata sulla rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences». 

Dalla pubblicazione si evince per la prima volta come questi cambiamenti non avvengano casualmente, ma siano costretti entro specifici binari: tracciati su base genetica nel corso dell’evoluzione umana. 
Il cervello è dunque plastico e rigido allo stesso tempo. 
Se da una parte gli studi hanno evidenziato la straordinaria abilità del cervello umano di adattarsi alle esperienze nel corso della vita, dall'altra rimaneva da chiarire quanto tale abilità avvenisse entro i limiti definiti dall'informazione genetica, commenta Olivier Collignon, responsabile del progetto, membro del Centro Mente e Cervello (CiMeC) dell’ateneo trentino e docente all’Università belga di Lovanio.
Quello che accade nelle persone sorde è una delle dimostrazioni più evidenti che questa plasticità del cervello può essere vincolata da specializzazioni determinate geneticamente, in accordo con quanto è stato dimostrato anche nelle persone cieche.
Ulteriore aspetto di novità di questo studio è la conferma che la percezione e l’elaborazione del volto e della voce avvengono nel cervello umano con alcuni meccanismi comuni, nonostante siano veicolate attraverso canali sensoriali distinti.


ECCO COME SI ADATTA IL CERVELLO DI UNA PERSONA SORDA DALLA NASCITA. 
Le persone sorde dalla nascita sono dunque in grado di «ascoltare» i volti. Esisterebbe infatti un collegamento preferenziale tra i due circuiti (visivo e uditivo) che risalirebbe a una fase precoce dell’evoluzione e dello sviluppo del cervello umano. 
È grazie a questo che la persona con un deficit uditivo riesce a integrare volti e voci per estrarre informazioni rilevanti su identità e affettività delle persone con cui interagisce. 
È probabilmente sulla base di questo collegamento preferenziale che il cervello riesce ad adattarsi all'impossibilità di percepire l’informazione vocale, modificando le aree uditive della voce in modo che contribuiscano invece ad elaborare informazione del volto», spiega Stefania Benetti, ricercatrice all’Università di Trento e primo autore dello studio. 
Quali potrebbero essere le implicazioni di queste nuove osservazioni? 
Gli studi neuroscientifici finora condotti hanno portato a ritenere la plasticità del cervello un ostacolo al recupero dell’udito, reso oggi possibile attraverso una neuroprotesi nota come impianto cocleare. 
In particolare si è ipotizzato che le aree uditive, una volta adattate a percepire informazione visiva, non siano più in grado di recuperare la capacità di elaborare informazione uditiva. 
Se, come come ricorda Francesco Pavani, sempre del CiMeC: nella pratica riabilitativa e clinica ciò si è tradotto nella raccomandazione di potenziare il canale uditivo, ossia la voce, e mascherare quello visivo, inteso come i movimenti delle labbra e le espressioni facciali, i risultati dell’ultima ricerca introducono una sfida a questa raccomandazione. 
La partita potrebbe infatti giocarsi su questi sottili canali sensoriali, integrati già nelle fasi precoci dello sviluppo cerebrale, che potrebbero essere sfruttati nel corso della riabilitazione per potenziare l’analisi del linguaggio orale dispensando informazioni visive.







giovedì 24 agosto 2017

La flora batterica intestinale, il cortisolo e gli effetti sul cervello





Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Gut Microbes dai ricercatori dell’Università dell’Illinois di Urbana (Usa), la flora batterica intestinale sarebbe in grado di comunicare con il cervello tramite l’azione del cortisolo.

Questa scoperta potrebbe far luce anche sulle origini dell’autismo. 



Nel corso della ricerca, gli autori hanno studiato dei piccolo maialini di un mese che, in termini di sviluppo di cervello e stomaco, sono molto simili ai neonati umani. 

In particolare, hanno esaminato i batteri presenti nell'intestino degli animali e le concentrazioni di alcuni composti nel loro cervello. 
Hanno così scoperto un’associazione tra i microrganismi intestinali e alcuni metaboliti cerebrali: in presenza dei generi Bacteroides e Clostridium all’interno dell’intestino, nel cervello vi erano dosi elevate di mio-inositolo; inoltre, i batteri Bacteroides erano associati anche a livelli maggiori di creatinina, mentre quelli del genere Butyricimonas erano collegati alla presenza di N-acetil-aspartato (Naa). 

Al contrario, una maggiore quantità di microbi del genere Ruminococcus era legata a una minore presenza di Naa nel cervello.


Questi metaboliti cerebrali, spiega Austin T. Mudd, che ha diretto lo studio, sono stati rinvenuti in stati alterati negli individui a quali è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico (Dsa), ma nessuno studio precedente aveva individuato collegamenti specifici tra i generi dei batteri intestinali e questi particolari metaboliti.



Successivamente, gli scienziati hanno scoperto un’associazione tra il microbiota e due composti presenti nel sangue, la serotonina e il cortisolo, che generalmente subiscono l’influenza della flora intestinale. 

In particolare, hanno osservato che i microrganismi del genere Bacteroides erano associati a livelli di serotonina più elevati, mentre quelli del genere Ruminococcus erano collegati a concentrazioni inferiori sia di serotonina, sia di cortisolo. 
La presenza dei batteri Clostridium e Butyricimonas non risultava, invece, fortemente associata alle quantità dei due composti. Ancora una volta, precisano gli autori, i risultati dell’indagine hanno supportato precedenti studi relativi all’autismo. 

Le alterazioni della serotonina e del cortisolo sierico, nonché dei livelli dei batteri Bacteroides e Ruminococcus, sono stati descritti negli individui con Dsa.


Infine, i ricercatori hanno verificato se esistesse una relazione a tre vie tra i batteri del genere Ruminococcus, il cortisolo e il metabolita cerebrale Naa. Utilizzando un approccio statistico chiamato “analisi della mediazione”, hanno scoperto che il cortisolo sierico fa da mediatore tra gli altri due elementi: in altre parole, i batteri Ruminococcus comunicano con il cervello in modo indiretto, attraverso il cortisolo. 

Questa ricerca sulla mediazione è interessante, poiché fornisce un’idea del modo in cui il microbiota intestinale può comunicare con il cervello. 

Può essere utilizzata per lo sviluppo di studi futuri diretti a fornire un ulteriore supporto a questo meccanismo.


Anche se restano cauti, gli studiosi ritengono che i risultati della ricerca potrebbero avere ripercussioni anche sulla comprensione delle cause dell’autismo. 

Pertanto, restando prudenti e non esagerando sull'importanza di queste scoperte senza il supporto di studi clinici, gli studiosi coinvolti ipotizzano che il meccanismo che hanno identificato potrebbe essere uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo dei sintomi eterogenei dell'autismo.


SI PREGA CLICCARE SUL SEGUENTE LINK:
http://controlebarriere.blogspot.it/2017/01/i-soci-dell-associazionecontro-le.html


lunedì 21 agosto 2017

Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni

Ad undici anni dall'approvazione della Legge 67/06 che, tutela le persone con disabilità vittime di discriminazioni, meritano di essere registrati alcuni pronunciamenti giudiziari che vanno letti come importanti segnali sulla forza sempre maggiore del principio di parità di trattamento il quale, secondo quella stessa Legge 67, comporta che non possa essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità, spaziando su varie attività della vita.
Il provvedimento, approvato appunto il 1° marzo 2006 dal Parlamento Italiano, appresta una tutela sia inibitoria che risarcitoria.
Se infatti accerta la discriminazione, il giudice può:
a)    ordinare, se il ricorrente lo richiede, il risarcimento del danno, anche non patrimoniale, da discriminazione, cioè quello che deriva dal non aver potuto fare una cosa come gli altri;
b)    ordinare la cessazione della discriminazione, se ancora in corso;
c)     adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione;
d)    ordinare l’adozione, entro il termine fissato, di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, soluzione indicata per i casi in cui gli eventi lesivi siano estesi e, perciò, impossibili da eliminare con un singolo atto. Immaginiamo, ad esempio, che il giudice accerti che una serie di stazioni ferroviarie non sono utilizzabili da clienti disabili; in questo caso l’adozione di un piano di modifica delle stazioni è probabilmente la soluzione più idonea;
e)    ordinare la pubblicazione del provvedimento, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno dei quotidiani a maggiore diffusione nel territorio interessato.
Le ipotesi di discriminazione contro cui è possibile reagire presentando ricorso al Tribunale sono quella diretta (che determina cioè un trattamento meno favorevole per motivi connessi alla disabilità) e quella indiretta (in cui un fatto apparentemente neutro mette una persona con disabilità in posizione di svantaggio rispetto agli altri: si pensi al divieto di portare cani in un ristorante, fatto di per sé neutro, che però, per una persona non vedente con cane guida, diventa ragione di svantaggio).
Inoltre, si può reagire con lo stesso strumento anche contro le molestie e, in genere, contro tutti quei comportamenti, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità o creano un clima di intimidazione, umiliazione e ostilità nei suoi confronti.
La Legge 67 ha incominciato ad essere applicata nei Tribunali.

Vediamo in tal senso alcune pronunce.

Il 10 gennaio 2011, il Tribunale di Milano ha riconosciuto che la mancata assegnazione di insegnanti di sostegno, ponendo gli alunni con disabilità in condizione di svantaggio rispetto agli altri, costituisce discriminazione indiretta.
L’Ordinanza emessa richiama anche la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006 e la Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, che ha ritenuto indefettibile il diritto all’istruzione e sostanzialmente dichiarato che l’assegnazione di insegnanti di sostegno, in quanto funzionale al soddisfacimento di quel diritto, non soggiace a vincoli di bilancio.
Con quel provvedimento, dunque, il Tribunale di Milano, emettendo un’Ordinanza «ai sensi della Legge 67 del 2006, rubricata “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni” (G.U. n. 54 del 6 marzo 2006)», ha disposto il ripristino per i figli dei ricorrenti del numero di ore di sostegno fornito loro nell’anno 2009-2010.
E ciò, oltre ad essere rilevante perché un Giudice ha qualificato come discriminatoria una determinazione dell’Amministrazione e ha ordinato alla stessa un comportamento, assegnando un termine preciso entro cui provvedere, è importante anche perché tra i ricorrenti figurava un’associazione di tutela dei diritti delle persone con disabilità.
La Legge 67/06, infatti, estende la legittimazione ad agire per le ipotesi di discriminazione anche ad associazioni individuate con Decreto Interministeriale.
Già prima, però, del provvedimento di cui si è detto, si sono avute pronunce interessanti in materia di discriminazione.
Il 4 giugno 2009 il Tribunale di Taranto, Sezione di Martina Franca, riconosceva che una persona con disabilità era stata discriminata in occasione degli esami di abilitazione alla professione forense.
In particolare, quel Giudice aveva considerato discriminatorie la ritardata consegna del codice cartaceo, la postazione di lavoro che era stata assegnata al candidato (di fatto per lui inutilizzabile dalla sedia a rotelle, per via dell’altezza del piano di lavoro) e l’assenza delle forze dell’ordine all’ingresso, che avrebbero dovuto agevolare l’entrata del candidato nella sede di esame. In quel caso il Giudice quantificò il danno sofferto – patrimoniale e non patrimoniale – in 4.000 euro.
Va poi ricordata l’ordinanza del Tribunale di Tempio Pausania, in Sardegna, del 20 settembre 2007, nella quale il Giudice ha condannato un circolo nautico al risarcimento del danno in favore di una persona con disabilità in sedia a rotelle.
In tale occasione si è ritenuto discriminatorio il fatto che una barca fosse stata spostata senza avvertire il proprietario e che alla stessa persona con disabilità fosse stato impedito di affiancare al proprio natante un mezzo di sollevamento che avrebbe dovuto consentirle di passare dalla propria carrozzina all’imbarcazione stessa. Il dato interessante è che il Giudice, per quantificare il danno, ha deciso di centuplicare il valore della quota di iscrizione, arrivando così alla somma di 4.000 euro.
Queste pronunce sono dunque la testimonianza concreta di come il diritto a non essere discriminati delle persone con disabilità, sancito appunto nel nostro ordinamento dalla Legge 67/06 e a livello internazionale dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2006, stia trovando sempre maggiore rispondenza nella giurisprudenza di merito.

Oggi comportamenti e situazioni che impediscono alle persone con disabilità di avere una vita ordinaria trovano risposte adeguate nel nostro ordinamento.
Da un lato i risarcimenti e dall’altro l’attenzione che i Giudici hanno dimostrato per i dettagli delle attività della vita, sono segnali importanti che attestano la forza sempre maggiore che va assumendo oggi, in termini assolutamente concreti, il principio di parità di trattamento il quale, secondo l’articolo 2 della Legge 67/06, comporta che non possa essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità.
Infine, oltre ai profili risarcitori, che in questo caso attengono alla sfera del non patrimoniale e riguardano le attività realizzatrici della persona, è emerso il ruolo fondamentale delle associazioni di persone con disabilità che, anche attraverso sapienti azioni giudiziarie, potranno sempre più incidere nella società per promuovere l’inclusione delle persone disabili.

SI PREGA CLICCARE SUL SEGUENTE LINK:


Legge 1° marzo 2006, n. 67
"Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2006
Art. 1. (Finalità e ambito di applicazione)
1. La presente legge, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.
2. Restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio delle persone con disabilità relative all'accesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
Art. 2. (Nozione di discriminazione)
1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità.
2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.
3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.
4. Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti.
Art. 3. (Tutela giurisdizionale)
1. La tutela giurisdizionale avverso gli atti ed i comportamenti di cui all'articolo 2 della presente legge è attuata nelle forme previste dall'articolo 44, commi da 1 a 6 e 8, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
2. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, può dedurre in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile.
3. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l'adozione, entro il termine fissato nel provvedimento stesso, di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
4. Il giudice può ordinare la pubblicazione del provvedimento di cui al comma 3, a spese del convenuto, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno dei quotidiani a maggiore diffusione nel territorio interessato.
Art. 4. (Legittimazione ad agire)
1. Sono altresì legittimati ad agire ai sensi dell'articolo 3 in forza di delega rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a pena di nullità, in nome e per conto del soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della finalità statutaria e della stabilità dell'organizzazione.
2. Le associazioni e gli enti di cui al comma 1 possono intervenire nei giudizi per danno subìto dalle persone con disabilità e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone stesse.
3. Le associazioni e gli enti di cui al comma 1 sono altresì legittimati ad agire, in relazione ai comportamenti discriminatori di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 2, quando questi assumano carattere collettivo.


domenica 13 agosto 2017

COSA CHIEDIAMO AL NOSTRO SINDACO


Questa lettera sarà inviata, in questi giorni, al Sindaco del Comune di Taranti, Rinaldo Melucci, nel caso riteniate opportuno aggiungere altre richieste da noi tralasciate potete contattarci al 340 50 688 73 od inviarci una mail

a  controlebarriereavdi@gmail.com

 

L’Associazione “Contro le Barriere”, che da 17 anni si batte per la reale inclusione sociale dei diversamente abili, non favorita ed a volte osteggiata, dalle Amministrazioni precedenti, chiede alla Gent. ma SV, quale Sindaco del Comune di Taranto, di incontrarlo pubblicamente, al più presto, per sapere come intende attivarsi riguardo a queste nostre seguenti richieste:

1.   Ricostruzione della Consulta sulla Fragilità con una nuova creazione dell’ Albo delle Associazioni aderenti più aperto alle realtà associative cittadine, perché quello vigente ed approvato dal Consiglio Comunale uscente, a causa di norme restrittive, hanno di fatto dissolto questo organismo partecipativo, al quale, inoltre, gli è stata negato una propria sede operativa, individuata ed assegnata dal 2011, ubicata in Via Friuli 7 (bene confiscato alla criminalità organizzata).

 

2.   Rifacimento e/o adeguamento degli scivoli esistenti sui marciapiedi della città, i quali sono troppo pendenti e/o non sono appianati al manto stradale (sono proprio gradini), nonché creazione di nuovi scivoli in marciapiedi sprovvisti.

 

3.   Adeguamento dei parcheggi riservati ai disabili, perlopiù, sprovvisti di scivolo adiacente.

 

4.   Indurre l’A.M.A.T. ad utilizzare bus accessibili ai disabili e nel contempo, creare percorsi o fermate accessibili.

 

5.   Maggiore controllo e vigilanza della Polizia Locale e degli Ausiliari del Traffico al fine di impedire agli autisti indisciplinati che, occupano gli scivoli ed i parcheggi riservati ai disabili, utilizzando parte dei proventi delle contravvenzioni elevate, per attuare gli interventi riportati ai punti 2. 3. e 4. del presente documento.

 

6.   Rendere accessibili tutti gli uffici comunali, in primis dare possibilità ai disabili in carrozzina di poter accedere alle sedute delle varie Commissioni Consiliari.

 

7.   Rivedere, attraverso sopralluoghi degli uffici tecnici comunali, le autorizzazioni rilasciate ai pubblici esercizi, compresi gli stabilimenti balneari, nei quali si riscontrano barriere architettoniche e/o inesistenza di bagni per disabili.

 

8.   Prevedere nelle spiagge pubbliche passerelle e zone attrezzate per facilitare l’accesso alle spiagge ai disabili in carrozzina ed ai non vedenti. Quando si parla di zone attrezzate si fa riferimento alla predisposizione di postazioni di legno collegate alle passerelle, nelle quali i disabili possano utilizzare carrozzine speciali che gli danno la possibilità di entrare facilmente in acqua. Le zone descritte potranno essere affidate alle Associazioni di disabili che ne faranno richiesta al Comune.

 

9.   Incentivare l’installazione di semafori con avvisatori acustici e percorsi pedonali per i non vedenti.

 

Concludendo, si precisa che queste azioni, escluso il punto 1., rientrano  nei Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, meglio noti con l’acronimo di P.E.B.A.
Introdotti nel 1986, con l’articolo 32, comma 21, della legge n. 41, e integrati con l’articolo 24, comma 9, della legge 104 del 1992, che ne ha esteso l'ambito agli spazi urbani, sono lo strumento individuato dalla nostra normativa per monitorare e superare le barriere architettoniche negli edifici e spazi pubblici.

L'area d’intervento può variare dal singolo comune ad un’area più circoscritta e limitata ad un ambito o settore omogenei.

Il piano deve comunque rilevare e classificare tutte le barriere architettoniche presenti in un'area circoscritta e può riguardare edifici pubblici o porzioni di spazi pubblici urbani (strade, piazze, parchi, giardini, elementi arredo urbano).

Il piano deve poter individuare anche le proposte progettuali di massima per l’eliminazione delle barriere presenti e fare la stima dei costi.

Il P.E.B.A., pertanto, non è solo uno strumento di monitoraggio, ma anche di pianificazione e coordinamento sugli interventi per l’accessibilità poiché comporta una previsione del tipo di soluzione da apportare per ciascuna barriera rilevata, i relativi costi, la priorità di intervento.
Esso racchiude in sé anche una programmazione delle opere per l’accessibilità. Diversamente, se gli interventi non fossero riconducibili ad un quadro di insieme e se non fossero monitorati, rischierebbero di perdere di efficacia e i loro benefici sarebbero di breve durata.
Con gli strumenti informatici e di georeferenziazione oggi a disposizione risulta più efficace ed immediato per i tecnici il rilievo e l'aggiornamento di una mappa urbana o di un edificio.
Come anche la programmazione della manutenzione. Tuttavia, in una città di grandi dimensioni vi possono essere più azioni di monitoraggio e intervento, quindi più P.E.B.A., e quello che diviene essenziale è avere una visione coordinata di questi strumenti, per poter ricomporre il tutto in una visione olistica della città.

 

In attesa di sapere dalla Gent. ma SV , la data ed il luogo dove incontrarci pubblicamente, vi porgiamo

Distinti saluti                                                                                     

 

Il Presidente

Sig. Francesco Vinci