Shopping in carrozzina
Missione impossibile
Questa è la cronaca di un pomeriggio
raccontata da Francesca Ferri, pubblicata dal quotidiano “Il Tirreno” l’8
dicembre di quest’anno, la quale ha accompagnato Lorella Ronconi tra
marciapiedi rotti negozi off limit di Grosseto, una storia di ordinaria
negazione dei diritti dei cittadini.
Un giro per negozi, un rossetto da
provare, un nuovo reggiseno da comprare, un caffè per scaldarsi.
Un tranquillo pomeriggio con
"missione shopping prenatalizio" a Grosseto. Passo a prendere Lorella
intorno alle 15.30.
Un po' presto, per i miei standard.
Ma, mi spiega, per arrivare in
centro storico da via dei Mille ci vuole.
Aggrotto la fronte: saranno al
massimo cinque minuti, penso tra me e me.
“E anche entrare nei negozi, vedrai,
non sarà facile”, dice.
E, purtroppo, ha ragione lei.
Lorella Ronconi è in carrozzina da
metà anni Novanta per una rara malattia con cui è nata.
Occhi azzurri, capelli biondi, una
tipa tosta, Lorella, che si batte da sempre per i diritti delle persone
disabili.
Perché per vedere rispettati i
propri diritti, le persone disabili devono ancora battersi.
Anche per il semplice diritto a
entrare in un negozio a comprare qualcosa.
Lo ha raccontato tante volte,
Lorella, di come i marciapiedi siano in gran parte impraticabili, gli
automobilisti irrispettosi, la sua vita una corsa a ostacoli. Tanto che proprio
quest'anno Lorella ha lanciato il progetto #solounminuto (http://www.repubblica.it/cronaca/2017/11/01/news/_solounminuto_la_campagna_di_lorella_per_il_campeggio_dei_disabili-179932638/) per scuotere le coscienze sulla violazione dei diritti
delle persone disabili quando si lascia l'auto abusivamente sugli stalli per
disabili o sugli scivoli dei marciapiedi. E lo ha raccontato tante volte Il
Tirreno, l'ultima volta dedicandovi un appuntamento speciale di Caffè Tirreno,
sabato 2 dicembre.
Zig zag tra le buche. Impugno le
maniglie della carrozzina, sotto l'occhio vigile di Zina, la "tata" di
Lorella, e partiamo.
Zigzagando fra le toppe del
marciapiede, cosa non facile né comoda, arriviamo al primo ostacolo.
Appena attraversata la prima strada
c'è una macchina, con passeggera a bordo, che occupa lo scivolo per salire sul
marciapiede.
“Neanche a farlo apposta”, dice la
creatrice di #solounminuto. Siamo costrette ad aggirarla e a percorrere via dei
Mille sul lato opposto.Scivolo in retromarcia.
Finito l'isolato, riattraversiamo la
strada per tornare sul nostro percorso.
“Qui però, dice Lorella, il
marciapiede bisogna scenderlo in retromarcia perché lo scivolo è troppo
ripido”, dice.
La pendenza massima per legge deve essere dell'8 per cento.
Non abbiamo un goniometro a portata
di mano, ma Lorella ha l'occhio allenato, conosce la strada e non ha
tentennamenti: “Se affronti questa discesa da davanti, cadi dalla carrozzina”,
dice.
Insomma: una persona su una sedia a
rotelle che volesse muoversi da sola non potrebbe scendere dal marciapiede.
La discesa è seguita da una manovra
di 180 gradi direttamente in strada. Un'auto si avvicina e rallenta.
Un caffè ad altezza fronte.
Arriviamo sul marciapiede opposto e la prima tappa è un bar. L'accesso per la
carrozzina è facile, c'è una soglia inclinata. Ma all'interno il bancone è
troppo alto per Lorella e per chiunque si trovi in carrozzina, e così i
tavolini, e pure la cassa. “Se voglio un caffè, dice Lorella, ci vuole qualcuno
che prenda la tazzina dal bancone e me la porga e poi la rimetta sul bancone. E
così per pagare, ovunque”.
Al bancomat niente privacy.
Usciamo dal bar e ci mettiamo alla
ricerca di un bancomat. Ce n'è uno in via Tito Speri. Raggiungerlo non è facile
e il copione si ripete: buche, auto parcheggiata sullo scivolo, ricerca di
nuovo scivolo, strada che si allunga, attraversamento, ritorno indietro. Il
bancomat è fuori servizio, ma anche se avesse funzionato, non avremmo comunque
potuto usarlo.
Uno scalino impedisce alla
carrozzina di avvicinarsi e lo schermo è troppo alto per essere raggiunto da
chi è seduto. Sarà così anche per i bancomat successivi, (ne visitiamo due, uno in piazza del Sale e uno in via Manin), che
raggiungiamo tra mille ostacoli passando da via de' Barberi (dove non tutti i marciapiedi hanno gli
scivoli e l'asfalto è un tale gruviera da costringerci a passare per strada,
con tanto di clacson di automobilista spazientito) e piazza de' Maria (dove un attraversamento sicuro per chi è in
carrozzina non esiste proprio).
Alla fine Lorella è costretta, come
sempre, ad affidarsi a chi la accompagna per l'intera operazione di prelievo. “È
giusto, secondo te, che io debba dire il pin del mio bancomat a un'altra
persona e debba farmi prendere i contati da qualcun altro, perché lo schermo,
le fessure e la tastiera non sono a norma?”. La pedana non basta.
Con tanta fatica arriviamo in
centro.
La prima tappa in una profumeria di
via Ricasoli, dove Lorella vuole provare un rossetto.
L'impresa pare ardua: all'ingresso
ci sono due scalini.
La commessa, però, con una
gentilezza rara ci viene subito incontro e va a prendere una pedana mobile.
La solerzia, purtroppo, non è
ripagata. La pedana è comunque troppo ripida per salirci sopra. Un passante si
offre di dare una mano, ma la sua disponibilità è un'altra ferita per Lorella.
“Il vero diritto all'accesso è quando una persona disabile, da sola, riesce ad
andare dove anche gli altri vanno. Senza aiuti”, dice. Una soglia
insormontabile.
Riprendiamo la via e poco più avanti
ci fermiamo davanti a un negozio di biancheria intima aperto da poco. Non ci
sono scalini, ma una soglia comunque alta diversi centimetri che impedisce
l'ingresso. “Ce la fate lo stesso”, dice la commessa. Forse, scendendo dalla
carrozzina e andando a piedi...Decine di negozi inaccessibili. Comincio a
innervosirmi, mentre Lorella pare rassegnata. Anzi, abituata.
Intorno, lo sguardo si ferma sulle
soglie di negozi, bar, locali di cibo da asporto. Per la prima volta ci faccio
caso: la quasi totalità ha scalini o soglie che creano una barriera per chi è
in sedia a rotelle. Non li avevo mai visti davvero, ero sempre semplicemente
entrata, alzando automaticamente un piede, senza pensarci.
Ora vedo solo decine e decine di
negozi inaccessibili per potenziali clienti.
“In Italia ci sono 4,5 milioni di
disabili, dice Lorella, se si calcolano anche i familiari che li accompagnano,
parliamo di milioni e milioni di consumatori, fruitori di cultura e
intrattenimento, turisti, oggi tagliati fuori”.
Se pecca la sensibilità umana, almeno ai guadagni qualcuno
sarà pur interessato. E invece pare di no.
Arriviamo in corso Carducci e
finalmente troviamo un negozio a misura di persona disabile.
Una grande catena di abbigliamento
ha un'invitante soglia inclinata e all'interno un montascale perfettamente
funzionante. “Ma in questo punto vendita non abbiamo reggiseni”, stringe le
spalle la commessa. Niente di fatto neanche qui. Occhio allo specchio.
Magari... Proviamo più avanti, ma prima Lorella è attirata dai colori che
occhieggiano da un'altra profumeria.
Anche qui niente accesso diretto,
sebbene la soglia sia abbastanza bassa per essere scavalcata facendo impennare
la carrozzina. Sembra fatta, ma qui ci imbattiamo in un altro ostacolo
all'accesso. Lorella vuole provare un rossetto, ma l'espositore è troppo alto
per arrivarci da sola. E una volta che glielo porgo e se lo prova, non riesce a
vedersi in nessuno specchio: sono tutti troppo alti.
“Eppure la vanità appartiene a tutti...”, dice
Lorella.Camerino "fifty fifty". Finalmente entriamo nella catena di
biancheria dove Lorella spera di trovare il reggiseno che fa per lei. Lo
scivolo c'è, ma prima c'è la solita soglietta che costringe a impennare la
carrozzina, manovra impossibile da fare se non si è accompagnati. All'interno,
anche qui, commesse gentilissime ma spazi non a misura di persona disabile,
tanto che quando Lorella prova a entrare in camerino, metà carrozzina resta
fuori, tanto è piccolo, e la commessa è costretta a fare da "palo"
per assicurarsi che non si affacci nessuno.Missione fallita. Alla fine il
reggiseno non si trova.
Io, Lorella e Zina usciamo dal
negozio in retromarcia per evitare che Lorella cada in avanti.
Sono quasi le 18, le luci di Natale
sono ormai tutte accese, ma Lorella torna a casa a mani vuote. “Purtroppo la
missione shopping è fallita”.
E un po' abbiamo fallito tutti quanti.
Abbiamo
pubblicato questo racconto di Francesca Ferri del “Il Tirreno”, perché
rispecchia, purtroppo, anche la situazione che esiste nella nostra città, che
ha portato ha promuovere la seguente petizione popolare:
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