A piedi nudi
Una diecina
d’anni fa vidi per la prima volta un
uomo che camminava a piedi nudi vestito con una giacca a righe rosse e gialle,
una maglietta e un pantalone a mezza gamba che evidenziava il suo essere scalzato.
Circondato
da tre piccolissimi cagnolini, chiedeva l’elemosina ritto e fermo nello stesso punto della strada
per ore.
In estate e
in inverno i suoi piedi restavano a contatto con l’asfalto.
Un giorno
gli domandai perché non portasse le scarpe e lui rispose “Io devo andare così”.
Oggi lo
rivedo dopo molto tempo, seduto in una via del centro senza i suoi cagnolini.
Mi fermo, lo saluto: “Ciao è da molto che non ti vedevo, dove sei stato?” mi
riconosce e mi saluta, qualcuno ogni tanto lo ospita, lo invita a cena e a
dormire.
Mi chiede
scherzando se ho una stufa per riscaldare i suoi piedi, li guardo, li tiene nudi
e poggiati in un pantalone felpato.
La moda di
vivere a piedi nudi, barefooter o scalzisti, diffusa in tutto il mondo
occidentale, vanta diverse associazioni e siti internet.
La filosofia
degli scalzisti è ritornare in contatto con la natura, essi appartengono ad
ogni livello della scala sociale.
Dopo i primi
passi, a mano a mano che i piedi si abituano, la pianta si riveste di cuoio ed ecco
perché non sentono il caldo o il freddo dell’asfalto.
“E i tuoi
cagnolini?” gli chiedo, essi facevano parte della scena che l’uomo offriva ai
passanti: un personaggio uscito dal teatro brechtiano, uno che pareva opporsi
alle consuetudini (invece gli scalzisti
non sono né oppositori né rivoluzionari).
Il suo unico
cane rimastogli lo ha lasciato a casa, probabilmente dove passa la notte quando
viene nella nostra città.
“Taranto è
una bella città però da stamattina mi hanno dato solo cinque euro, il denaro è
solo per i neri”.
Gli africani
fuggono dai loro paesi “Tu invece sei europeo, la gente si chiede come mai, tu
che sei europeo, vivi così!”.
Lui non
risponde, gli domando: “Sei austriaco?”, “No, sono nato in Spagna, mia madre è
spagnola mio padre è tedesco. Fino a sei anni ho vissuto in Spagna poi mi sono
trasferito in Germania, ma, a sedici me ne sono andato perché la Germania non
mi piace” e fa una smorfia quasi di disgusto.
In Italia
vive a Taranto o a Potenza, gli piacerebbe vivere sempre da noi, ma, la gente
non lo sostiene.
Mentre parla
si evidenzia l’accento tedesco, gli chiedo il suo nome, non capisco bene la
pronuncia delle lettere, me le scandisce, “Ilmar come: IL MARE. E tu come ti
chiami?” “Mi chiamo Letizia. Ciao Ilmar”.
Letizia Lo Prete
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