mercoledì 29 marzo 2017

COMUNICAZIONE AGLI ORGANI DEL TERZO SETTORE

In due incontri (17.03 e 25.03.2017) le seguenti organizzazioni: Associazione Contro le Barriere, Fidas Taranto, Hermes Academy, il Gruppo di Taranto della Protezione Civile ed il WWF Taranto, hanno deciso di organizzare un evento per il 26 maggio 2017,  presso il Politeama Vinelli di Talsano che, ha una capienza di n. 400 posti, un ampio spazio per il parcheggio delle auto ed a ca. mt. 300 dalla fermata della linea 26 dell’AMAT.
L’evento nasce dall’esigenza di pubblicizzare la predisposizione di tre postazioni per facilitare l’accesso al mare dei diversamente abili in carrozzina, presso il Lido San Michele a Viale del Tramonto, una soluzione unica in Italia, ma, ha lo scopo generale di superare le differenze fisiche e sociali delle persone, attraverso la musica e finalizzato all’auspicata inclusione sociale, nonché sensibilizzare l’opinione pubblica all’accettazione delle diversità, come valore aggiunto e non dequalificante.
L’evento in oggetto prevedrà l’esibizione di artisti di strada e di gruppi musicali (dalle 18.30 alle 23.30), intervallati da video (max. 5 minuti) riportanti le attività delle organizzazioni promotrici dell’evento.
Nel prossimo incontro di VENERDI’ 7 APRILE alle ore 18:00, presso la sede dell'Associazione "Contro le Barriere"  a Taranto in Via Cugini 39/40, saranno definiti i i soggetti promotori, gli artisti che si esibiranno, le modalità  di accesso del pubblico, i costi da sopportare, gli aspetti tecnici ed il palinsesto dell’evento in oggetto, nonché eventuali ed ultime modifiche,

Pertanto, se altre organizzazioni si volessero aggiungere a quelle citate sono pregati di comunicarlo entro domenica 2 aprile, al seguente indirizzo: controlebarriereavdi@gmail.com

martedì 28 marzo 2017

Quei nuovi LEA non sono applicabili!

I nuovi LEA risultano ancora lontani dall’essere applicabili ed esigibili: dovranno essere attuate, ancora, le numerose Intese Stato-Regioni, i cui tempi non si sanno, soprattutto, per mancanza di risorse, pertanto gli stessi potranno essere ridotti o applicati in modo progressivo Regione per Regione.
Nelle Audizioni alla Camera ed al Senato, non sono state recepite le varie critiche articolate e severe, da parte delle federazioni italiane delle Associazioni di disabili. Pure se, nelle Commissioni di Camera e Senato ne erano state accolte alcune.
Per esempio, non è ripresa la raccomandazione che sia previsto espressamente il diretto coinvolgimento della persona con disabilità e della sua famiglia nella predisposizione del percorso assistenziale (articolo 4, comma 2, lettera d).
O, ancora, che sia garantita alle persone con disabilità la continuità assistenziale attraverso il progetto individuale previsto dall’articolo 14 della Legge n. 328 del 2000, che integri interventi sanitari, sociali e di tutela (articolo 5).
Senza dimenticare che nel testo viene ancora ignorata l’esplicita richiesta di escludere da gara alcuni prodotti protesici di serie che necessitano di un percorso prescrittivo individualizzato e di un appropriato percorso valutativo.
Da ultimo, ma non certo ultimo, a questi mancati recepimenti si aggiungono tutte le criticità culturali e strutturali dei LEA che avevamo già espresso e che sono trasversali ai contenuti: dalla prevenzione alla diagnosi, dalla riabilitazione alle prestazioni protesiche, dai servizi ospedalieri ai servizi sociosanitari residenziali e semiresidenziali, dalle malattie rare a quelle croniche.
Lo stesso testo, infatti, prevede, per essere realmente applicato, una serie di Intese Stato-Regioni: sui dispositivi monouso, sulle prestazioni protesiche, sui percorsi assistenziali integrati, sull’assistenza ambulatoriale… E qui sui tempi e sugli intenti ben poco è dato sapere.
Oltre a ciò, rimangono pendenti anche le decisioni che dovrebbe assumere la Commissione Nazionale per l’aggiornamento dei LEA (già istituita lo scorso anno) e dalla quale sono escluse le organizzazioni dei pazienti e delle persone con disabilità.

Quella Commissione avrebbe dovuto presentare entro il 15 marzo, termine già scaduto, la proposta di aggiornamento dei LEA “prioritariamente attraverso la ridefinizione delle prestazioni – come si era potuto leggere – ovvero la modifica delle loro modalità erogative, garantendo il mantenimento della compatibilità tra risorse e prestazioni da erogare in maniera omogenea sul territorio nazionale, secondo le modalità erogative appropriate, da finanziare in base alla quota d’accesso.

domenica 26 marzo 2017

Gli impulsi erotici e i desideri non vanno ignorati

La disabilità non è una mancanza, ma una dimensione della diversità.
In Italia il sesso è ancora un tabù: la psico-sessuologia non è una disciplina riconosciuta.
L'educazione sessuale non esiste, se non per iniziativa di alcuni istituti scolastici.
Nella gran parte dei Paesi europei è obbligatoria dalle elementari alle superiori.
La disabilità non è una sola, la sessualità invece sì.
Pensiamo alla disabilità sensoriale per esempio: le persone non vedenti o non udenti che possono vivere la sessualità in modo assolutamente sereno.
Ancora diversi sono i casi di disabilità motoria: c'è chi non ha nessuna difficoltà e chi invece non ha le informazioni o gli ausili corretti.
Ma ci sono altri casi, pensiamo per esempio allo spasticismo: senza un adeguato supporto educativo ci si trova in una situazione di isolamento.
Se poi si parla di disabilità cognitive e casi psichiatrici, la situazione si complica ancora di più.
Si va da situazioni in cui non c'è nessun tipo di problematica, al tabù più assoluto.
Ci sono dei falsi miti, difficili da sfatare, come considerare un diversamente abile «un angelo» o un «eterno bambino».
Quando durante la pubertà si vedono delle espressioni di piacere o ricerca del piacere, chi sta vicino a questi ragazzi si trova in una situazione difficile.
Senza gli strumenti giusti, quando compaiono impulsi e desideri sessuali si tende a ignorarli o rifiutarli.
A chi spetterebbe accompagnare chi è in difficoltà?
Spetta a chi circonda la persona disabile, i genitori, i familiari e gli operatori professionali.
Al momento però non c'è stato nessuno sforzo sistematico in questa direzione.
Nella stragrande maggioranza delle strutture che accolgono le persone disabili non esistono le giuste professionalità.
Nel nostro Paese non esiste una legge  sulla sessualità assistita, come in altri Paesi europei.
Il primo passo sono educazione e formazione: chi lavora o vive con una persona disabile dovrebbe essere messo nelle condizioni di reagire nel modo corretto.
Poi c'è l'assistenza sessuale: non fredda prestazione sessuale.
Vanno formati operatori capaci di creare una situazione in cui la menomazione non è limite all'appagamento di bisogni sessuali ed affettivi.
A chi ci si può rivolgere?
Per una famiglia è difficile trovare la persona giusta, perché in Italia non esistono assistenti sessuali formati.
Se una famiglia si rivolge a un sex worker che non conosce la patologia, si possono fare dei gravi danni.
L'isolamento del disabile, con il nucleo familiare che pensando di proteggerlo, si chiude.
Non sono rari i casi in cui sono i genitori a soddisfare i figli, con un dramma nel dramma.
Bisogna parlare della sessualità, che non è un "di più" o qualche cosa che si può mettere da parte.
Si inizia dall'accettazione e dall'educazione.

Si prega leggere questo appello, al seguente link: 


sabato 25 marzo 2017

BASTA TABU'! Anche noi disabili abbiamo diritto al sesso!

Il disabile come e più degli altri ha bisogno di amare e di essere amato, di tenerezza, di vicinanza e di intimità.
A pronunciare queste parole fu Giovanni Paolo II, tredici anni fa, in un messaggio a un simposio sui disabili mentali.
Ancora prima, alla fine degli Anni Ottanta, grazie a un pionieristico e mai replicato sondaggio tra le persone con lesioni spinali in Piemonte, venne fuori che il desiderio più grande di riconquista non era recuperare le disfunzioni motorie, ma quelle cosiddette autonome: urinarie, intestinali e genito-sessuali.
La buona notizia è che la qualità di vita di chi ha una lesione spinale da allora è infinitamente migliorata grazie ai progressi della medicina e della tecnologia.
Quella cattiva è che il sesso è rimasto un tabù.

Nei paesi europei più attenti ai diritti civili è il servizio sanitario a occuparsi e preoccuparsi di educare e sostenere, anche finanziariamente, la sessualità delle persone disabili.
Così se, come Danilo, non hai ancora compiuto vent’anni e un momento prima sei in macchina e quello dopo in un letto d’ospedale paralizzato dal petto in giù, trovare qualcuno capace di spiegarti se riuscirai ancora ad avere rapporti fisici con una ragazza è un affare complicato.
«Ho dovuto imparare di nuovo a mangiare, lavarmi, andare in bagno - racconta Danilo Ragona, 36 anni, imprenditore e designer torinese -. Bisogna imparare a vivere con un corpo nuovo. Così la mia prima domanda all’urologo è stata: “Dottò, ma lì sotto come si fa?”».

Dopo una lesione spinale peli e unghie continuano a crescere, le ferite si rimarginano: il corpo è vivo. Lo spiega Roberto Carone, neuro-urologo dell’Unità spinale di Torino, nata con quella di Firenze alla fine degli Anni Ottanta, le prime in Italia. «Nella stragrande maggioranza dei casi dopo una lesione è possibile recuperare sia eiaculazione che erezione. Con un approccio che non si occupa solo del corpo, ma anche della psiche del paziente. Con una lesione spinale alta, c’è una eiaculazione riflessa che risponde alla stimolazione. In quelle più basse invece c’è più probabilità di avere anche erezioni psicogene – spiega –. In entrambi i casi possono aiutare la terapia farmacologica, che in Piemonte viene rimborsata, e la vacuum terapia. Per l’eiaculazione c’è un macchinario che in pratica è un vibro massaggiatore. Se non funziona, si passa all’elettrostimolazione. Sempre sotto controllo medico».

«Il dottore mi ha accompagnato in una stanzetta – continua Danilo -. E grazie a un macchinario ingombrante che poi è un vibratore per uomo ho scoperto che le mie sensazioni erano diverse, ma era tutto in ordine. Tra tornare nella stanzetta e lasciar perdere, decisi di comperare per conto mio il vibratore. Lo pagai più di un milione di lire, ora costa circa 800 euro. Nessun rimborso del servizio sanitario, ovvio».

Negli Stati Uniti i sex toys dedicati alle persone disabili non sono una novità, ma un ausilio come un altro. Si comprano anche online, con lo slogan: «Fai di più per la tua vita sessuale che una cena da 50 dollari». «Nelle unità spinali ci sono infermieri specializzati nell’assistenza urinaria e intestinale, ma mancano del tutto figure dedicate al genito-sessuale. Ed è una grossa mancanza. Il paziente nel suo percorso di recupero incontra degli specialisti, ma sviluppa un contatto giornaliero e confidenziale con gli infermieri. E’ facile che si rivolga prima di tutto a loro – spiega Carone –, con il rischio che gli vengano date informazioni sommarie o sbagliate. Per risolvere il problema c’è una sola soluzione: garantire una formazione adeguata e sistematica del personale sanitario». Dopo aver avviato un’azienda che produce sedie a rotelle di design – niente manopole, schienale basso, ruote perfette per correre in spiaggia – Danilo ha prestato la sua creatività a un altro progetto: la «Intimate Rider». Una seduta basculante, che aiuta le persone con disabilità e i loro partner a stare comodi e a divertirsi di più. «Riacquistare il controllo di sé, significa per esempio garantire al partner una vita sessuale soddisfacente, avere dei figli in modo naturale – conclude Danilo –. Non c’è niente di sporco. Lo dico da imprenditore: siamo così indietro che a nessuno è venuto in mente che questo è anche un ottimo business inesplorato».

Le unità spinali, punto di riferimento indispensabile, nel Sud Italia sono troppo poche. In Campania e Calabria non esistono. E questo costringe i pazienti a costosissimi pellegrinaggi. E non c’è neanche un registro nazionale delle lesioni spinali, e con la vita che si allunga è difficile capire quanti posti servono nei reparti, che sono sempre più affollati. «Se avessimo dati reali e non simbolici, l’offerta sanitaria potrebbe essere programmata con efficacia – dice Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana Paraplegici -. Così fa la differenza la provenienza dei pazienti. Per esempio, ci sono regioni più attente a stringere accordi con le aziende che producono ausili alla disabilità all’avanguardia, altre che invece sono ancora molto indietro. La sfida poi è l’inclusione sociale, che passa per scuola, lavoro e vita sociale. Relazionale e affettiva. C’è ancora molto da fare».

Danilo a vent’anni si preoccupava di poter amare ancora, ora sogna una famiglia con la sua fidanzata. E’ un uomo fortunato, e lo sa. Quando venne ricoverato dopo l’incidente, nel letto accanto a lui c’era un suo omonimo. Danilo Neri un bel giorno d’estate sbagliò un tuffo, ora non si muove più. Aveva diciassette anni, ora ne ha trentacinque. «Appena fuori dall’ospedale, gli amici mi hanno chiesto se avrei potuto ancora fare sesso – racconta -. Quando rispondevo di sì, dovevo essere pronto a tenere una lezione di educazione sessuale. Basta la stimolazione per rendere il mio pene attivo. La cosa triste è che un disabile, soprattutto uno come me, viene visto come un asessuato. Ho ricevuto dei no anche da diverse accompagnatrici, all’inizio ci rimanevo malissimo. Poi ho smesso di chiedere». Danilo ha perso il tatto, e va bene. Ma gli restano un corpo vivo, vista, udito e olfatto. E una buona dose di romanticismo: «Aggiungo che si può godere anche guardando una persona intensamente negli occhi. Sono le sensazioni che sprigiona la mente che fanno la differenza, in tutto e per tutti». Se Danilo vivesse in Olanda, in Germania, in Gran Bretagna oppure anche in Francia, forse non gli sarebbe tanto più semplice trovare l’amore, ma di certo potrebbe sentirsi meno solo. Nei paesi europei dove la prostituzione è legalizzata, le persone con disabilità fisica e anche psichica si possono rivolgere a un sex worker specializzato. Come spiega il disegno di legge italiano proposto dall’associazione «Love Giver», si tratta di «un operatore che dopo un percorso di formazione psicologico, sessuologico e medico, dovrà aiutare le persone a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale». Una guida «all’emotività, all’affettività, alla corporeità e alla sessualità».

Max Ulivieri, 46 anni, web designer bolognese, da quattro anni gira l’Italia per parlare di sessualità e disabilità. «Con la legge, firmata anche dalla Cirinnà, siamo a un punto morto. Non è stata nemmeno calendarizzata. In alcune regioni l’idea c’è, ma nessuno dei corsi di formazione annunciati è mai partito – spiega -. In Italia è complicato anche solo parlarne. Io però ormai ho una certa età. E sono stufo. In Francia è successa una bella cosa: in attesa della legge che non arriva, un’associazione come la nostra ha iniziato a organizzare dei corsi. Se nulla si muove, farò la stessa cosa. Mi metteranno in prigione per sfruttamento della prostituzione? Pazienza». Ulivieri nei suoi interventi racconta la sofferenza che si prova a dover rinunciare alla propria intimità. La stessa che ha provato lui da ragazzo, e quella che vive ogni giorno chi si rivolge alla sua associazione: racconta di genitori che non sanno a chi chiedere aiuto, e si trovano a soddisfare le esigenze sessuali dei figli. Maschi, e anche femmine.

«E’ molto importante iniziare a parlare di sessualità da subito: le famiglie spesso arrivano da noi quando ci sono comportamenti sessuali non adatti, già cronicizzati», spiega Stefania Mina, responsabile del progetto «Sessualità possibile», con gli ospiti della Domus Laetitiae di Biella. Assistenza sessuale sì oppure no? «Il nostro lavoro è accompagnarli in un percorso di consapevolezza, che porta magari a creare la situazione adeguata che porta all’autoerotismo, senza però superare il confine». «E’ un tema delicato, normale che le posizioni siano molto diverse – commenta Mauro Petrillo, dirigente urologo dell’Unità spinale di Torino -. Da una parte può rispondere bene a certe esigenze. Dall’altra bisogna essere sicuri di individuare la professionalità adatta: stiamo parlando di riabilitatrici o di prostitute?». «La sessualità è un diritto di tutti, ma i timori sono ancora molti – conclude Falabella -. Bisogna fare qualche cosa, perché questo tema è noto a chiunque si occupa di disabilità. E bisogna farlo in fretta. Parlandone, finalmente, con serenità». 

martedì 21 marzo 2017

INVITO AGLI ORGANI DEL TERZO SETTORE

L’Associazione “Contro le Barriere, insieme ad altre tre Associazioni, si sono incontrare il 17 u.s. per organizzare un evento che, provvisoriamente è stato denominato “SOLIDARIETA’ IN MUSICA”, per il 26 maggio c.a., nel quale si esibiranno artisti di strada e gruppi musicali locali, presso il Politeama Vinelli di Talsano, che riesce a contenere n. 400 posti a sedere e con ampi spazi per il parcheggio delle auto.
L’accesso sarà gratuito su presentazione di invito apposito.
Questo evento ha lo scopo di rendere pubblico la disposizione di tre postazioni atte a facilitare l’accesso al mare dei diversamente abili in carrozzina, presso il Lido San Michele a Viale del Tramonto.

Inoltre, sarà un momento nel quale saranno risaltare altre attività di volontariato e di solidarietà in tutti i settori che, svolgono le Associazioni ed altri organismi della nostra Provincia che collaboreranno alla sua organizzazione.
Pertanto, a chi organizzerà insieme a noi questo evento, avrà a disposizione uno spazio temporale dai 5 ai 10 minuti, per esporre le azioni che svolgono, attraverso video, attività ed altro.
Pertanto, se siete interessati ad organizzare insieme a noi questo evento, vi chiediamo di partecipare al prossimo incontro, che si terrà sabato 25 marzo alle ore 18.00 presso la sede dell'Associazione "Conto le Barriere" a Taranto in Via Cugini 39/40.
Chiaramente quanto esposto, potrà essere modificabile per trovare una condivisione comune.
Chi non potrà partecipare a questo incontro per altri impegni già presi e vorrebbe far parte dell'organizzazione di questo evento è pregato di comunicarlo al 340 5068873 od inviando una mail a controlebarriereavdi@gmail.com

Francesco Vinci

lunedì 20 marzo 2017

Quell'esercito di docenti"invisibili"

Quell'esercito di docenti"invisibili"

Se si comprende ogni forma di disabilità, causata dai più svariati motivi – dalle malattie cardiache alla sclerosi multipla, dalla disabilità visiva a una forma tumorale, fino a problemi più o meno seri di deambulazione – sono oltre 100.000 gli insegnanti con disabilità che ogni giorno siedono dietro la cattedra e tengono lezioni agli alunni di ogni ordine e grado della scuola italiana.
Un esercito, per altro, di “invisibili”, in quanto sembra strano, ma è così, non esisterebbero su di loro né dati ufficiali né rilevazioni statistiche.

Un esercito “invisibile” di oltre 100.000 insegnanti con disabilità che ogni giorno siede dietro la cattedra e tiene lezione agli alunni di ogni ordine e grado della scuola italiana.
Un numero ricavato da stime non ufficiali, perché sui docenti disabili non esisterebbero dati e rilevazioni statistiche.
Un “buco nero”, dunque, nel sistema scolastico che, secondo un’inchiesta del magazine online «Ofcs Report – La percezione della sicurezza», riguarda circa il 15% del totale del corpo docente italiano, che conta oltre 750.000 unità.
Tra questi, occorre precisare, sono inclusi gli insegnanti alle prese con ogni forma di disabilità, dal docente con malattie cardiache a quello affetto da sclerosi multipla, dal non vedente al professore malato di tumore o con problemi di deambulazione.

Eppure di disabilità nel mondo scolastico se ne parla spesso, ma a finire al centro del dibattito sono esclusivamente i tantissimi ragazzi che ogni giorno sfidano le barriere architettoniche e culturali che ancora esistono nei nostri istituti, spesso fatiscenti e non sempre in grado di garantire pienamente l’accessibilità a tutti.
In tal senso, lo ricordiamo, nell’anno scolastico 2015-2016 gli alunni con disabilità nella scuola primaria erano 88.281 (3% del totale degli alunni), nella scuola secondaria di primo grado 67.690 (4% del totale), tra i quali l’8% non autonomo in alcuna delle seguenti attività: spostarsi, mangiare o andare in bagno.
Per quanto poi riguarda gli insegnanti di sostegno rilevati dal Ministero, essi erano più di 82.000, uno ogni due alunni con disabilità.
Negli anni, infine, circa l’8% delle famiglie di questi alunni ha presentato un ricorso per ottenere l’aumento delle ore di sostegno.
Se spostiamo tuttavia il discorso sulla disabilità dietro la cattedra e chiediamo informazioni agli Enti preposti, quello che ci troviamo di fronte è il buio più totale.
Un vero e proprio esercito di insegnanti “invisibili” le cui storie il citato magazine online «Ofcs.Report» sta raccogliendo in tutta Italia, ma che il Ministero dell’Istruzione non avrebbe mai rilevato, così come l’ISTAT, l’INPS, i Dicasteri della Pubblica Amministrazione e del Lavoro, tutti contattati dallo stesso «Ofcs.Report»: nella migliore delle ipotesi, infatti, hanno “giocato a scaricabarile”, altre volte hanno sviato il tema spostando l’attenzione sugli alunni con disabilità, altre ancora hanno lasciato senza risposta le richieste ufficiali di dati e informazioni.

Si tratta di un silenzio che lascia con l’amaro in bocca di fronte alle tantissime storie raccolte, con docenti disabili che denunciano difficoltà nel poter esercitare l’attività, casi di mobbing da parte di Dirigenti Scolastici a cui magari un insegnante malato in organico crea problemi, se non incomprensibili imbarazzi. Con il risultato che in molti sono sul punto di mollare, come la maestra Rosa Maria Gagliano, 50 anni di cui venti di precariato sulle spalle, malata di sclerosi multipla, che ha fatto richiesta di mobilità lo scorso maggio per restare nella propria Provincia, Palermo, allegando alla richiesta il verbale della Legge 104 e l’invalidità al 100 per cento. Come risposta è stata trasferita a Bologna, a 1.200 chilometri da casa…
Oppure la storia di Stefania (nome di fantasia), maestra delle elementari di una scuola del Sud Italia, anche lei con la sclerosi multipla, per la quale il Dirigente Scolastico ha chiesto una visita in CMV (Collegio Medico di Verifica), giustificando la domanda dal momento che «la maestra continua ad assentarsi dal lavoro perché affetta da malattia degenerativa».
Non ultimo un caso denunciato dall’organizzazione ANIEF-CISAL: un docente a tempo indeterminato in servizio in Lombardia, affetto da anni da una malattia invalidante, che si sarebbe visto improvvisamente negare dal Ministero le somme per gli stipendi dello scorso anno scolastico, con la motivazione che l’assenza non era giustificata da certificazione medica indicante la grave patologia.
I certificati presentati dallo stesso insegnante sono stati considerati dall’Amministrazione «generici senza una chiara indicazione della terapia salvavita».
Una stortura burocratica che per altro il Tribunale di Milano ha prontamente corretto, riconoscendo al docente con disabilità il risarcimento ai giorni lavorativi decurtati.
«Giustizia è fatta», spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’ANIEF e segretario confederale della CISAL. «Ora – aggiunge – il Ministero dovrà restituire l’intera retribuzione negata al suo dipendente, perché chi si sottopone a terapie salvavita non può vedersi privato della retribuzione».

L’unico monitoraggio in questo ambito effettuato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca riguarda le richieste di 104, ovvero i permessi per le persone con disabilità o per i loro familiari.
Un monitoraggio scaturito a seguito di uno scandalo scoppiato a Menfi, in provincia di Agrigento nel 2014, dove nell’Istituto Santi Bivona settanta insegnanti su centosettanta risultavano malati o beneficiari della Legge 104. Solo per rendere l’idea, nelle imprese private le persone che ricorrono alla Legge 104 sono circa l’1,5% sul totale dei lavoratori, mentre nella scuola questa percentuale cresce, complessivamente, sino al 13%.
I dati di quel dossier, tuttavia, non restituiscono una fotografia esatta del problema, poiché dicono il totale delle richieste e non solo le 104 cosiddette “dirette”, ma è bene ricordarle perché restituiscono come al solito la geografia di un Paese spaccato a metà, con il Sud sempre indietro.
Restando infatti ai dati, in base a tale monitoraggio il maggior numero di docenti con disabilità, o impegnato ad assistere un parente con disabilità, è di ruolo in una scuola della Sardegna, dove usufruisce della 104 addirittura il 18,27% degli insegnanti, vale a dire quasi uno su cinque. Seguono l’Umbria, dove la percentuale è del 17,17%, la Sicilia con il 16,75% e il Lazio con il 16,36%. In Puglia la presenza dei beneficiari della 104 è del 15,95% e in Campania è del 15,77%.
Tra le Regioni in cui si registra una minor presenza di docenti con disabilità o con parenti disabili, spicca, primo fra tutti, il Piemonte: dove la percentuale di beneficiari della Legge 104 si abbassa all’8,96%. Restano sotto la soglia del 10% anche il Veneto con il 9,71% di permessi e la Toscana con il 9,84%.

«In realtà al Ministero – spiega una dirigente che vuole restare anonima – non interessa rilevare quel dato, che comunque l’INPS non può non avere. Bisogna dire anche che nella scuola, più che in altri settori della Pubblica Amministrazione, i lavoratori con disabilità sono molto numerosi, forse per la tipologia di lavoro che svolgono, e rappresentano un costo notevole per lo Stato, viste le sostituzioni che bisogna prevedere e l’assistenza che si deve garantire». Ecco dunque perché, forse, risulta più conveniente non spendere soldi per censirli o anche solo per raccontare le tante storie di eccellenze nella scuola che hanno come protagonisti proprio gli insegnanti con disabilità.

sabato 18 marzo 2017

Ascensori e barriere architettoniche in condominio: i diritti del disabile

Si prega leggere un appello dei soci dell’Associazione "Contro le Barriere", al seguente link: 


_________________________________________

Per installare un ascensore volto a facilitare la vita di un condomino disabile comunque non è possibile bypassare alcuni articoli cardine del Codice Civile.
Prendiamo spunto da una recente sentenza della Corte di Cassazione per parlarvi di condomini, ascensori, mobilità e abbattimento delle barriere architettoniche.

LA SENTENZA. Con questa sentenza, la n. 24235/2016, si è deliberato che non è possibile costruire un'innovazione (nel caso specifico un ascensore) qualora esso comprometta l'utilizzo di un bene da parte anche di un solo singolo condomino (qui, un box garage).
Il diritto di proprietà, infatti, prevale sul diritto della persona disabile di intervenire sull’edificio per abbattere le barriere architettoniche, e questo diritto reca con sé i benefici di utilizzo che si possono trarre dal bene di proprietà presenti o futuri. Perciò, ed è il caso specifico in oggetto, anche se nel momento in cui si discute della realizzazione o meno della modifica edilizia quel bene non è utilizzato, comunque il suo proprietario ha diritto a non vedersi lesa la possibilità di utilizzarlo in futuro e di conseguenza sarà vietata qualsiasi modifica dello stabile che possa pregiudicare la fruizione del bene in esame.

QUALI ARTICOLI SONO INDEROGABILI PER COSTRUIRE IN CONDOMINIO. Ricordiamo infatti che il Codice Civile disciplina in maniera chiara le modalità di realizzazione di modifiche all'interno di uno spazio condominiale.
In particolare sono da tenere presenti gli artt. 1120 e 1121 che riguardano le innovazioni e le innovazioni gravose e voluttuarie, e l'art. 1136 relativo alla validità del voto dell'assemblea.
Gli interventi volti all'eliminazione delle barriere architettoniche non possono in alcun caso ovviare a questi articoli, come ricorda la legge 13/1989 in materia di eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati all'art. 2:
“Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche […] sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile. […] Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.”
Anche la Corte di Cassazione aveva ribadito in un'altra occasione che l'art. 1120 del C.C. non può essere ignorato, e così infatti è stato ripetuto nella sentenza di novembre 2016.
Con l'articolo 1120 del Codice Civile si precisa che “I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni ma sono vietate le innovazioni:
1) che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato;
2) che ne alterino il decoro architettonico;
3) che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.”

IL DIRITTO DI PROPRIETÀ E DI USO DEL BENE DA PARTE DEL SINGOLO. In riferimento a quest'ultima clausola, in particolare, la sentenza di novembre 2016 ha sottolineato come “la condizione d’inservibilità del bene comune all’uso o al godimento anche di un solo condomino è riscontrabile anche nel caso in cui l’innovazione produca una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene”. Nel caso specifico, anche se il condomino contrario all'installazione dell'ascensore non usava il box garage adiacente, comunque ne era proprietario, e sarebbe stato leso nella possibilità del suo utilizzo, qualora l'ausilio fosse stato installato.
Così spiega la sentenza:
“L’innovazione in oggetto violava l’articolo 1120 c.c., comma 2, perché lo spazio di mq. 1,12 lasciato libero per il passaggio menomava gravemente il godimento della stessa area comune e degli immobili di proprietà. Ciò si desumeva dal fatto che tale misura era inferiore a quella minima di m. 1,20 fissata dal Decreto Ministeriale n. 236/1989, articolo 4.1.10, relativamente al superamento delle barriere architettoniche, per la lunghezza delle rampe di scale, e impediva il passaggio contemporaneo di due persone e quello di una barella con un’inclinazione massima del 15% lungo l’asse longitudinale.”

In materia di abbattimento di barriere architettoniche è dunque sempre opportuno accertarsi di non arrecare danno – o limitare i diritti - a nessuno degli condomini, pena l'impossibilità di eseguire le opere che ci aiuteranno a vivere meglio.

INFO UTILI DA SAPERE. Vi diamo qui alcuni riferimenti normativi utili per essere a conoscenza dei vincoli in materia di costruzione edilizia:
1) La Corte di Cassazione ha sentenziato (14096/2012) che l'ascensore, in qualità di elemento necessario per l’abitabilità di un appartamento ed innovazione diretta all’eliminazione delle barriere architettoniche può essere installato anche in deroga alla normativa sulle distanze minime, previste dal Testo Unico per l'Edilizia (art. 79 D.P.R. 380/2001) e dagli artt. 873 e 907 Codice Civile, che prescrivono una distanza minima di 3 metri utile a garantire le giuste condizioni di salubrità e salute.

2) La legge che disciplina la modalità di esecuzione di interventi per il superamento e l'abbattimento delle barriere architettoniche è la L. n. 13/1989. In questa legge all'art. 2 si precisa che questo tipo di interventi devono comunque mantenere validi gli articoli 1120 (comma 2) e 1121 (comma 3) del C.C.

3) Consigliamo di rimanere aggiornati in merito a maggioranza di consensi per validità delle votazioni e modifiche recenti in tema di regole condominiali consultando anche la Riforma del condominio 2012. 

mercoledì 15 marzo 2017

Le formiche come noi, anche se minuscole, possono riuscire a cambiare qualcosa.

Purtroppo è successo ancora una volta, e sono cose che, oggi, non dovrebbero accadere più. 
La mia carissima amica, Lorella Ronconi, donna diversamente abile che da sempre si batte per i diritti e contro le disuguaglianze, è stata protagonista, in prima persona, di un disservizio imperdonabile.
La succursale della banca del Monte dei Paschi di Siena, vicino casa sua, presso cui Lorella ha il conto corrente, è stata chiusa; al suo posto vi sono altre filiali, molto più lontane – il che implica un notevole disagio per lei e per ogni persona come lei che deve spostarsi in carrozzina – ma soprattutto, a differenza della agenzia che ora non c’è più, queste non sono accessibili ai disabili. 
“Vi sono scale e non ci sono scivoli” ha dichiarato Lorella. “In una di queste vi è un montascale, ma per questo si deve chiedere l’ausilio di una persona all’interno che lo faccia funzionare”. 
La cosa che più colpisce è la disorganizzazione riguardante il Bancomat, che non è per nulla praticabile per chi si trova su una sedia a rotelle, trovandosi più in alto. Tutto questo a fronte di una sentenza della Corte di Cassazione che obbliga non solo tutte le banche, ma anche tutti gli esercizi pubblici di uso più frequente a uniformarsi alle leggi che prevedono una cura più attenta ai diritti delle persone con disabilità. 
Lorella mi è stata vicino in un momento particolarmente doloroso per me: lei che sa cosa sia la sofferenza ha saputo infondermi tutto il coraggio di cui avevo bisogno per superare le prime fasi di un evento molto grave che mi ha colpito, e che ancora permane. 
Lei, donna straordinaria, merita tutto il mio, il nostro aiuto. La direzione della banca, a dire il vero, ha mostrato di recepire le giuste rivendicazioni di Lorella, ed ha dichiarato che si sarebbe presto attivata. Ma, se pure questa sembra essere in via di risoluzione (dopo la protesta di Lorella), vi sono ancora altre situazioni in cui non bisogna mai dare tutto per scontato, anche e soprattutto nella nostra città (cose che da sempre l’associazione CONTRO LE BARRIERE si impegna a far notare). 
E allora vorrei dire a Lorella: Lorella, non sei sola: c’è un tuo amico fraterno che combatterà sempre al tuo fianco per l’abbattimento delle barriere architettoniche, e per contrastare ogni forma di discriminazione che colpisca i più deboli. 
So bene che è difficile e che, come ti dico tante volte, noi siamo solo formiche di fronte ai giganti: ma, tuttavia, anche le formiche come noi, minuscole come sono, possono riuscire a cambiare qualcosa.

Francis Allenby
________________________________________

Si prega leggere un appello dei soci dell’Associazione "Contro le Barriere", al seguente link: 




sabato 11 marzo 2017

Barriere architettoniche da abbattere un incontro con gli assessori regionali

La Stampa del 13-03-2017

IMPERIA. Oggi alle 11,30 il Palazzo della Provincia di Imperia accoglierà il convegno «Come abbattere le barriere amministrative», per il superamento delle barriere architettoniche, organizzato dalla Consulta ligure per la tutela dei diritti della persona handicappata e dalla Consulta provinciale handicap diversamente abili. 

All'incontro, destinato ad amministratori e funzionari, partecipano gli assessori regionali Gianni Berrino (Lavoro), Sonia Viale (Sanità) e Marco Scajola (Urbanistica). 
Saranno presentati i dati del censimento sull'accantonamento degli oneri di urbanizzazione dei Comuni liguri (il 10% va a interventi ad hoc). 
In provincia, soltanto tre hanno varato un Peba (Piano l'eliminazione barriere architettoniche): Imperia, che sta per dare il via a una serie di opere, Montalto e Triora. 
Dice l'assessore Berrino: «Come Regione abbiamo intrapreso percorsi inclusivi, per esempio in ambito turistico con i progetti per l'accessibilità del litorale. 
A breve pubblicheremo un bando di 100 mila euro di cofinanziamento dei Comuni per interventi nelle spiagge libero e libere attrezzate». 
________________________________________

Si prega leggere un appello dei soci dell’Associazione "Contro le Barriere", al seguente link: 

Disabili, fondo non autosufficienze tagliato

Disabili, fondo non autosufficienze tagliato. "50 milioni concessi poi negati. Siamo umiliati e pronti a mobilitazione"
Le reazioni all'accordo siglato in Conferenza Stato-Regioni, che ha ridotto le risorse da 500 a 450 milioni.

“I tagli al Fondo non autosufficienze e a quello per le politiche sociali sono inaccettabili, un atto gravissimo e umiliante che colpisce le persone con disabilità e le fasce più deboli della popolazione”.
A dirlo è il presidente della Fand (Federazione associazioni nazionali disabili), Franco Bettoni, che si dice “pronto alla mobilitazione” contro un provvedimento ritenuto del “tutto ingiusto e inaspettato”.
“E’ un atto politico più che operativo.
Le recenti conquiste delle associazioni delle persone con disabilità sono state annullate”, rincara il direttore responsabile di HandyLex.org, Carlo Giacobini. Che aggiunge: “I soldi in più erano arrivati al termine di presidii e proteste e dopo un impegno concreto del ministro Poletti.
Lo stesso Parlamento lo aveva approvato.
Ora in altri tavoli e in altri contesti quella conquista viene azzerata“.
Bettoni spiega a Ilfattoquotidiano.it che “è evidente che la riduzione del Fondo per le non autosufficienze siglata lo scorso 23 febbraio avrà un impatto negativo sulla vita delle tante persone disabili e delle loro famiglie che tramite l’accesso a quelle risorse possono contare, ad oggi, su erogazioni monetarie mensili aggiuntive che coprono, ad esempio, l’assistenza domiciliare necessaria a garantire una soddisfacente qualità di vita”. Non solo: “Al di là delle ricadute negative sui cittadini che sono certe e che condanneranno molte persone alla povertà e all’emarginazione, il segnale giunto dal governo Gentiloni è certamente negativo rispetto alla strutturazione dei livelli essenziali di assistenza in una logica di garanzia di diritti certi”.

Per di più ieri il Senato ha approvato il disegno di legge che introduce un sostegno “universale” per gli indigenti, del quale però di fatto potrà beneficiare solo una piccola percentuale degli italiani in condizione di povertà.
Questi tagli condanneranno molte persone con disabilità alla povertà e all’emarginazione.
La sforbiciata è prevista dall’intesa tra Stato e Regioni sul contributo degli enti locali all’equilibrio di bilancio.

I risparmi imposti alle Amministrazioni regionali, spiega la Fand, andranno a incidere pesantemente sul welfare, visto che si prevede che “per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica” il Fondo per la non autosufficienza e quello sulle politiche sociali vengano tagliati rispettivamente a quota 450 milioni e 99,7 milioni di euro.
Il primo scende quindi al livello cui era stato portato con l’ultima legge di Bilancio, perdendo i 50 milioni aggiuntivi promessi lo scorso novembre dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti ai malati di Sla e sbloccati il 22 febbraio. L’incremento era stato inserito nel decreto legge sul Sud. “Il fatto è di una gravità inaudita e quel che ancor più sconcerta – afferma Bettoni – è il fatto che la Fand che, in questi mesi, ha partecipato ad incontri e confronti con il ministro del Lavoro proprio per arrivare ad un aumento del Fondo per la non autosufficienza, non abbia ricevuto alcuna informativa al riguardo e ne sia venuta a conoscenza per altri canali; questo atteggiamento certamente non giova ed anzi mette in discussione la qualità dei rapporti fino ad oggi intercorsi con gli organismi istituzionali”.
Nessuna informativa alle associazioni che hanno partecipato agli incontri con il ministro del Lavoro.
Per la Fand il governo guidato da Paolo Gentiloni, con questa mossa, fa un passo indietro rispetto al recente passato lasciando “terribilmente senza parole” le associazioni dei disabili. “Mi sento comunque in dovere di rimarcare l’assoluta buona fede e correttezza del ministro Poletti – sottolinea il numero uno della Fand che riunisce organizzazioni di persone con deficit sensoriali, disabilità intellettive, disturbi del comportamento e autismo – Ma nonostante la parola del ministro è stato ridotto per scelte certamente non sue, poiché artefici della manovra risultano viceversa essere gli assessori al bilancio ed i presidenti delle Regioni ed il ministero dell’Economia“.

Queste politiche “sono sbagliate e inopportune, e non solo feriscono i più vulnerabili, negando diritti ed inclusione sociale, ma paralizzano l’Italia.
È puro autolesionismo tagliare in maniera incisiva questi fondi anziché utilizzarli come un formidabile investimento per creare sviluppo, innovazione e buona occupazione.
Per tali ragioni, come Fand stiamo valutando tutte le possibili iniziative per contrastare questa grave scelta politica, sia chiedendo un confronto diretto con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il ministro dell’Economia, sia organizzando, se del caso, una ampia mobilitazione del mondo della disabilità, oggi così pesantemente colpito”, conclude Bettoni. “Certo ci sono degli effetti sui cittadini interessati dai servizi che quel Fondo dovrebbe garantire, ci sono anche dei risvolti più subdoli e che avranno un impatto più significativo sulle reali politiche sociali in questo paese”, aggiunge Giacobini.

Secondo uno dei maggiori esperti italiani sulle leggi che riguardano i disabili ci sono due questioni. “La prima è un segnale forte: il Fondo è stato incrementato proprio di 50 milioni di euro grazie ad un’azione di pressione molto sentita di organizzazioni di persone con grave disabilità. Quei soldi sono arrivati al termine di presìdi e proteste e dopo un impegno concreto del ministro Poletti. Lo stesso Parlamento lo aveva approvato. Ora in altri tavoli e in altri contesti quella conquista viene azzerata e, a ben vedere, anche umiliata“. E il clima di sfiducia che ne deriva è deleterio per i successivi confronti tra istituzioni e associazioni.
Serve un Piano generale per garantire un livello omogeneo di servizi su tutto il territorio nazionale
“L’altro elemento politico riguarda lo specifico Tavolo per la non autosufficienza e il piano che questo tavolo dovrebbe elaborare. Ricordiamo che al tavolo partecipano sia le organizzazioni delle persone con disabilità ma anche i sindacati, i ministeri competenti, le Regioni. Un’occasione unica per giungere finalmente alla definizione di livelli essenziali delle prestazioni per le persone con maggiore necessità di assistenza intensiva… ma non solo”. “Per raggiungere questo traguardo e questa pianificazione è necessario che vi sia un pensiero condiviso ma anche che le risorse messe a disposizione, anche progressivamente, siano certe oltre che adeguate. È evidente, quindi, che in questi giorni ci si interroghi sulla reale futura cogenza di un Piano che garantisca un livello omogeneo di servizi su tutto il territorio nazionale. E lo stesso Tavolo rischia di produrre indicazioni poi vanificate in altri luoghi”. Sullo sfondo, evidenzia Giacobini, rimangono molti dubbi e ombre sulla decisione concordata dagli assessori al bilancio delle Regioni e dal Mef (intesa Stato Regioni del 23 febbraio): perché colpire proprio il sociale e non altro?
Il Fondo nazionale per la non autosufficienza è stato istituito nel 2006 con il preciso intento di fornire sostegno a persone con disabilità grave e gravissima, oltre che ad anziani non autosufficienti al fine di favorirne una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio e per garantire, su tutto il territorio nazionale, l’attuazione di Livelli essenziali delle prestazioni assistenziali. Il Fondo in sostanza è destinato a finanziare contributi, voucher, prestazioni o servizi per le persone non autosufficienti gravi (nella misura del 60%) o gravissime (nella misura del 40%). Viene ripartito annualmente tra le Regioni e ciascun ente stabilisce poi i criteri con cui erogare concretamente i fondi alle persone e come ripartirlo fra Comuni ed Aziende sanitarie locali. 

mercoledì 8 marzo 2017

Buon 8 marzo

È l’8 marzo e voglio affrontare  un tema che mi sta molto a cuore: la femminilità delle donne con disabilità.
Io sono una portatrice di un handicap fisico, oggi ho 44 anni; una sofferenza perinatale – causata da una nascita asfittica – mi ha provocato una paralisi motoria.
In seguito a ciò, a sei mesi hanno previsto per me una vita in sedia a rotelle, senza alcuna possibilità di movimento e di linguaggio.
Grazie a miei primi… trent’anni, spesi all’inseguimento di ogni tipo di recupero, sono arrivata ad avere una tale autonomia che – nonostante alcune difficoltà nella deambulazione – posso vivere da sola, ho due lauree,  lavoro al centro documentazione del Corriere della Sera e ho una vita ricca di interessi e di amicizie.
Da molto tempo mi occupo di comunicazione sociale.
Sono riuscita anche a pubblicare la mia autobiografia: Una storia che non sta in piedi, dove cerco  di trasmettere ai lettori e alle lettrici il concetto secondo cui non c’è una vera differenza tra «normalità» e «disabilità».
Per me ogni essere umano è diverso dall’altro e ognuno di noi ha un proprio potenziale da esprimere, quindi ogni soggetto umano ha la propria dignità e gli stessi diritti e doveri. 
Ma torniamo al tema della femminilità delle donne disabili.
Come dicevo, ci tengo molto.
È per questo che nell’anno 2000 sono stata protagonista di un calendario.
Penso che molti di voi si ricordino quante donne belle e famose si siano spogliate per calendari che celebravano l’avvento del nuovo millennio.
Io volevo dimostrare che una portatrice di handicap non solo si può paragonare a una «donna normale», ma può anche fare le stesse cose di una star.
E così che ho finito per posare in fotografie osé per il calendario «Angeli Nudi».
Questo mio spogliarmi è stata una provocazione affinché l’opinione pubblica potesse comprendere ed essere sollecitata a riflettere sulla non differenza tra «diversità» e «normalità».
In questi giorni mi è capitato di leggere su molte riviste articoli che parlano del film The Session, pellicola sulla sessualità dei disabili.
La cosa che più mi ha stupita e mi ha fatto riflettere è quanto si dia per acquisito che la donna disabile non possa avere una sua sessualità.
Nel film stesso, come nella maggior parte dei casi, la sessualità dei disabili è considerata con una valenza solo maschile.
Questa tematica non riguarda invece solo gli uomini disabili, ma anche le donne diversamente abili. 
Anche noi abbiamo una femminilità che deve essere espressa in tutte le sue forme, così come avviene per qualsiasi altra donna.
In nome di tutte queste considerazioni, voglio rivolgermi – nel giorno dell’8 marzo – a tutte le donne che definirei «diverse» perché hanno un problema fisico, ma comunque tutte munite di una propria ragione, e vorrei chiedere loro di lottare e di farsi valere proprio come fanno le donne in ogni ambito della loro vita.
Non dovete avere paura di esporvi.
Non sentitevi menomate, mancanti di qualcosa rispetto alle altre donne.
Mostratevi, chiedete, date valore a voi stesse proprio in quanto donne.

E buon 8 marzo soprattutto a voi, a noi.

Invito della Lega Navale - Taranto alle Associazioni di disabili

________________________________________

Si prega leggere un appello dei soci dell’Associazione "Contro le Barriere", al seguente link: 

lunedì 6 marzo 2017

Ottimi filosofi, che non amano sporcarsi le mani

Si prega leggere un appello dei soci dell’Associazione "Contro le Barriere", al seguente link: 

In una nazione che si vanta di aver ricevuto nel 2016 un prestigioso riconoscimento per la propria innovativa legislazione sull'inclusione scolastica da Zero Project, l’importante iniziativa internazionale che punta a realizzare un mondo “con zero barriere”, ci si aspetterebbe ben di più!
Ma le belle Leggi non sempre si trasformano in buone prassi, anzi quasi mai in Italia. Come dire: siamo degli ottimi filosofi ma non amiamo sporcarci le mani!

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, divenuta Legge italiana il 3 marzo 2009 (Legge n. 18), articolalo 24 recita:
«Allo scopo di aiutare ad assicurare la realizzazione di tale diritto (il diritto delle persone con disabilità all'istruzione), gli Stati Parti adotteranno misure appropriate per impiegare insegnanti, ivi compresi insegnanti con disabilità, che siano qualificati nel linguaggio dei segni e/o nel Braille e per formare professionisti e personale che lavorino a tutti i livelli dell’istruzione. Tale formazione dovrà includere la consapevolezza della disabilità e l’utilizzo di appropriati modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione migliorativi e alternativi, tecniche e materiali didattici adatti alle persone con disabilità».

Basterebbe solo questo per far capire al mondo della politica e dei sindacati che l’inclusione scolastica non potrà mai essere attuata solo scrivendo innumerevoli leggi ed assumendo “eserciti” di insegnanti di sostegno, magari senza opportuna formazione.
La questione dell’inclusione, infatti, è nel modo e non nella quantità.
Capisco che questo concetto faccia andare in fibrillazione il cuore di tantissimi lavoratori, ma c’è bisogno che qualcuno cominci a dire come stanno realmente le cose: l’inclusione scolastica non può essere usata come grimaldello per eludere le restrizioni europee alle assunzioni nella scuola.
La questione dell’occupazione nel comparto scuola è un tema che va affrontato in modo trasparente, nei tempi e nei luoghi idonei, che non sono quelli in cui si tratta il tema dei diritti umani fondamentali dei minori con disabilità.

L’Ufficio di Statistica del Ministero dell’Istruzione,Università e Ricerca, in merito ai numeri della disabilità nella scuola italiana, ci comunica dati allarmanti ormai dal lontano 2004, con previsioni catastrofiche per il prossimo futuro, e l’unica risposta che i Governi italiani hanno saputo dare in questi anni è stato l’aumento del numero degli insegnanti di sostegno, molto, anzi troppo spesso, persone che per ripiego hanno scelto questa strada.
Non azioni di sistema, non corsi universitari ad hoc, non una “visione” organica, niente di tutto questo; “posti di parcheggio” per docenti e alunni, tutto qui.
E senza “visione” sono anche le rivendicazioni di talune sedicenti Associazioni di tutela degli alunni, improntate ad assicurare il solo rapporto 1:1 insegnante di sostegno/alunno, ignorando completamente le modalità con le quali possa avvenire l’inclusione.
Insomma, un quadro sconfortante di assoluto vuoto strategico, sia da parte delle Istituzioni che della maggior parte del mondo associazionistico, quello più visibile e facinoroso.
Allora, vi chiederete a questo punto, che bisogna fare?
Innanzitutto bisogna rispettare le bellissime Leggi che abbiamo e le prime a non rispettarle sono proprio le Istituzioni, ovvero le ASL, le Scuole, gli Ambiti Sociali e i Comuni.
Non rispettano ad esempio la già citata Legge 18/09, ma nemmeno la Legge 104/92, la 328/00 e la 162/98, norme di grande respiro sociale e umano assolutamente disattese, perché probabilmente non comprese.
E misconosciuta ai più è anche la recente storica Sentenza 275/16 della Corte Costituzionale, che sancisce:
«È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione».
Come a dire che Governo, Regioni, Città Metropolitane, Comuni, prima di occuparsi di qualsiasi altra cosa, debbono garantire i minimi diritti umani ai cittadini, nonostante le diverse restrizioni di bilancio.
Ma chi lo fa?
Chiedetelo alle persone e alle famiglie con disabilità.
La risposta sarà sempre la stessa: lo fanno solo le Istituzioni denunciate all’autorità giudiziaria dai singoli cittadini.
Questo, però, non è uno Stato di diritto, o almeno non lo è più, è uno Stato che cerca di fregare i propri cittadini con sotterfugi e meccanismi furbeschi, degni di “pacco, paccotto e contropaccotto”.
Cosa effettivamente si potrebbe ottenere con il rispetto generalizzato delle norme sopra elencate? Semplice, una rete interdipendente di attori che, condividono una sola finalità, quella cioè di assicurare un progetto di vita indipendente ad ogni persona con disabilità, riconoscendole il principio di autodeterminazione e di cittadinanza attiva.
Significherebbe poter dare dignità di essere umano a tutto tondo a tutte le persone con disabilità, a prescindere dal tipo di limitazioni funzionali.
Cosa potrebbe dunque fare la Scuola?
Ad esempio, potrebbe cominciare a riprogettare la didattica, utilizzando l’UDL (Universal Design for Learning – “progettazione universale dell’apprendimento”) e rilevando i bisogni attraverso l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, adottando inoltre – nello specifico dei numerosi casi di autismo – l’ABLLS-R, formidabile strumento di misura delle abilità comunicative e di apprendimento.
Ma potrebbe fare tanto altro ancora…
Potrebbe insomma, in piena autonomia, aggiornarsi anche grazie ai fondi derivanti dalla Legge 440/97 (ora Decreto Ministeriale 435/15), otreché con il PON (Programma Operativo Nazionale), finanziato dai Fondi Strutturali Europei.
Mai come in questi anni, infatti, il mondo della scuola è stato inondato di soldi, ma l’unica cosa che sa fare bene è lamentarsi! In realtà si paga lo scotto di una cronica incapacità del sistema scuola di leggere i bisogni e di programmare a medio/lungo termine. Non esiste la policy del sistema scuola, si programmano interventi emergenziali oramai secolarizzati. Basti pensare alla questione supplenti.
Le responsabilità di questi gravi ritardi, però, non sono solo delle scuole autonome (sì, le scuole sono Enti Autonomi dal 1999 con la promulgazione del Decreto del Presidente della Repubblica 275/99), ma anche e soprattutto del Ministero che, come un “genitore trattenente”, non ha mai realmente incoraggiato la crescita di consapevolezza – in una parola l’empowerment – delle Istituzioni scolastiche. E il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Il 25 agosto dello scorso anno a Ginevra è stato concluso l’esame del report italiano sull'attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e l’Italia ne è uscita in modo disastroso. A proposito dell’inclusione scolastica, gli esperti dell’ONU hanno scritto: «Tuttavia è necessario ancora fare un cambio di paradigma, in modo che le persone con disabilità siano considerate come persone uguali nella società e non un peso o qualcuno che drena risorse del welfare state».