lunedì 27 febbraio 2017

I contesti agricoli possono essere utilizzati a sfondo terapeutico per disturbi psichici

COSA SIGNIFICA FARE AGRICOLTURA SOCIALE?
Significa mettere insieme due parole, con significati che fino ad ora erano parsi distanti: l’agricoltura, con le sue pratiche legate al lavoro della terra e con gli animali, e il sociale, ambito generico e astratto che ha che fare con la tutela del popolo nella sua interezza, con particolare attenzione alle persone svantaggiate. 
Mettere insieme due ambiti così differenti significa trovare dei punti di aggancio, con vantaggi per entrambi gli interlocutori dello scambio, cosicché dalla somma delle parti possa emergere un terzo punto, un terzo polo al di fuori del continuum: l’agricoltura sociale, appunto, che negli ultimi anni ha trovato in Italia lo spazio che altrove -per esempio i luoghi del nord-Europa, in primis l’Olanda con le care farm- aveva già conquistato da tempo. 
CONTESTI AGRICOLI USATI A LIVELLO TERAPEUTICO.
Dal punto di vista terapeutico/riabilitativo, usare i contesti dell’agricoltura per promuovere progetti di reinserimento significa riconsegnare il corpo a una dimensione più naturale, con i tempi dell’attesa e della stagionalità caratteristici del lavoro agricolo. 
All'università di Pisa, nel lavoro del prof. Francesco Di Iacovo, portano avanti da anni un lavoro di promozione di interventi e progetti di questo tipo. 
La difficoltà maggiore, nel trattamento e nel recupero di persone con problematiche di handicap di vario tipo o disturbi della personalità, è riconsegnarli a una normalità sociale che preveda, per loro, la possibilità di sentirsi parte del gruppo sociale e di percepirsi connessi agli altri. 
Quest’ultimo punto è un problema molto antico. 
Anni fa si usava il termine ergoterapia per descrivere il potere curante di un’attività manuale a contatto con altre persone, in alternativa alla cronicizzazione e al rischio della lungodegenza. 
Usare il contesto agricolo significa inoltre rispondere all'urgenza «biofilica» dell’uomo, che lo riporta sempre, come per una forma di nostalgia incurabile, al contatto con la natura e i suoi tempi quando in cerca di un periodo di ristoro e di «cura». 
INSERIMENTO DI PAZIENTI CON HANDICAP PSICHICI.
L’agricoltura sociale prevede l’inserimento di pazienti con handicap psichico, persone con trascorsi di tossicodipendenza, ragazzi affetti da autismo e, negli ultimi tempi, soggetti «espulsi»” dal mondo del lavoro e non più in grado di rientrarvi per ragioni di età (dai 45/50 anni in su). 
AGRICOLTURA SOCIALE E AUTISMO.
Le patologie dello spettro autistico tendono, nel corso della vita, a perdurare; entrati in età adulta, quando la famiglia di origine non consenta loro di permanere in un contesto casalingo, i portatori di questa complessa problematica psichica -connessa alla questione dell’intersoggettività, estremamente problematica- rischiano di proiettarsi in un «vuoto progettuale» fatto di una sola via di possibile collocazione: le strutture dedicate con il rischio della cronicizzazione (per non dire segregazione).

I progetti di agricoltura sociale propongono un modello non urbano di possibile inserimento, ispirato dal lavoro del pedagogo utopista Rudolf Steiner e in linea con le direttive universalmente condivise a proposito della presa in carico di disturbi di questo tipo. 
UN ESEMPIO IN PROVINCIA DI PAVIA.
L’esempio più strutturato lo troviamo in Provincia di Pavia, presso Cascina Rossago, residenza e insieme azienda agricola per ragazzi autistici fondata da un’ex ricercatrice dell’Università di Pavia. 

In questo contesto operano seguendo le linee guida riconosciute valide per il trattamento di disturbi di questo tipo, modulate intorno al concetto di «educazione strutturata permanente» -una forma di genitorialità protratta con un’attenzione specifica alla risorse residue e alla trasmissione di competenze. 

Inoltre, qui si lavora dando il fondamentale supporto alla famiglia del paziente per rispondere alla domanda «e dopo di noi?» (questo aspetto è centrale dal punto di vista clinico: il supporto cioè alla rete familiare, e non solo al singolo). 
Altro ente capo-fila in progetti di questo tipo, Coldiretti, che a partire dal Piemonte (con a seguire regioni come Marche, Calabria e Sicilia, ora molto attive in questo ambito) ha promosso la costruzione di nuove reti di servizi che fanno del contesto agricolo luogo elettivo per l’erogazione di servizi di natura «terapeutico/riabilitativa», focalizzandosi sulla «domiciliazione» dei servizi (per esempio, progetti di assistenza a persone in difficoltà in aree «fragili» a rischio spopolamento.
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venerdì 24 febbraio 2017

Quanto è difficile diventare madri quando si ha una disabilità?


La maternità nelle donne con disabilità fisica riceve un’attenzione marginale da parte dell’ équipe sanitaria in quanto non riporta una vasta casistica di pazienti ma ciò non significa che il personale sanitario non debba essere adeguatamente formato, specialmente per la pluralità di volti che la disabilità possiede e per la varietà di forme con cui si manifesta: sono patologie di tipo diverso, con diversa età di insorgenza e diversa fenomenologia e ciascuna ha dei propri risvolti sulla decisione della donna di intraprendere una gravidanza.
Un questionario diffuso grazie alla Fondazione Cesare Serono che, indagava nello specifico le problematiche e i desideri delle donne e madri con disabilità fisico-motoria e ha raccolto un campione di 94 donne con patologie multifattoriali, genetiche, congenite e post-trauma. 
Il 33% delle donne che ha partecipato allo studio dichiara di aver già avuto una gravidanza, il 24% la desidera ma ha timori collegati alla condizione fisica, il 19% la desidera nonostante la patologia mentre il 16% ha rinunciato a causa della disabilità, solo l’8% afferma di non aver mai desiderato diventare madre; delle donne con disabilità genetica 25 donne di loro dichiarano che l’ereditarietà della loro patologia abbia interferito sul desiderio di maternità.
La notizia di una gravidanza non viene sempre accolta positivamente da familiari e dal personale sanitario in quanto è difficile concepire l’idea che una donna disabile possa avere un figlio e lo possa gestire in autonomia. 
Ogni donna che si appresta a diventare madre vive in un turbinio di emozioni e paure che in presenza di una patologia fisica si amplificano ulteriormente: le paure nell'intraprendere una gravidanza che hanno riportato le donne sono di perdere l’equilibrio fisico raggiunto, dell’aggravarsi della patologia, la paura di non avere supporto, l’inaccessibilità delle strutture ospedaliere, la mancanza di modelli di riferimento, la paura di diventare un peso per il figlio e non potersene prendere cura.
Per quanto riguarda l’accessibilità ai servizi sanitari per problemi di tipo ostetrico-ginecologico il 59% viene seguita presso lo studio del ginecologo, per il 24% in ospedale e il 14% in consultorio; la figura di riferimento principale per problemi ginecologici è per il 61% delle donne il ginecologo, mentre la figura di supporto più importante nella decisione di intraprendere una gravidanza è il partner per il 38% delle donne. Il 58%delle donne appartenenti al campione ha avuto un parto spontaneo, il 33% ha eseguito il taglio cesareo mentre il 9% un parto operativo.
Dopo la nascita dei neonati le difficoltà riscontrate riguardano la mancanza di autonomia nella gestione del bambino, le difficoltà dovute alla poca informazione dei sanitari riguardo la patologia materna, l’incremento dell’affaticabilità e delle ricadute cliniche e la difficile ripresa dal post-partum. 
Il 50% delle donne ha allattato esclusivamente al seno, il 28% ha optato per l’allattamento misto per evitare eccessivi affaticamenti fisici o per facilitare la gestione del neonato tra i due genitori mentre il 24% ha scelto l’allattamento artificiale per interferenze con i farmaci assunti; gran parte delle donne sono state supportate e motivate nell'allattamento al seno dall'ostetrica ospedaliera durante le giornate di degenza .
Dal questionario è emerso un notevole bisogno delle donne di incoraggiamento, comprensione e supporto da parte del personale sanitario che deve approcciarsi alla paziente con disabilità fisica in modo non giudicante. 
I sanitari devono conoscere a fondo la patologia di ciascuna paziente e come questa possa interferire sulla gravidanza in modo da offrirle un percorso assistenziale ottimale, è loro compito offrire a ogni donna un cammino sereno verso la maternità; l’obiettivo dell’ostetrica in particolare deve essere quello di migliorare le competenze e le conoscenze nell'ambito della maternità nelle donne con disabilità per poter regalare loro un percorso nascita che sia il più fisiologico possibile nonostante la patologia di base.
Il punto saliente dell’indagine riguarda la formazione del personale sanitario, le donne lamentano la mancanza di un adeguato supporto psicologico, la scarsa collaborazione tra i vari professionisti, l’insufficiente formazione dei sanitari riguardo la loro disabilità e la carente sensibilità del personale sanitario che dovrebbe curare maggiormente il lato umano. Il compito di chi assiste la donna è quello di farla sentire a proprio agio, di offrire sì supporto fisico, ma soprattutto emozionale, perché la maternità non è altro che un vortice di emozioni racchiuse in un corpo che dà la vita.
Susanna Usai

martedì 21 febbraio 2017

La rete dei "65 movimenti" scende in piazza contro la legge delega


Sostegno, la rete dei "65 movimenti" 
scende in piazza contro la legge delega

Famiglie e docenti in presidio a Roma il 23 febbraio, davanti a Montecitorio, per chiedere il ritiro del decreto inclusione della Buona Scuola. “La legge 107 ha danneggiato tutti. E studenti, docenti, associazioni, comitati, operatori e assistenti, uniti, per la prima volta, fanno sentire la loro voce". 
La ministra dell'Istruzione ha assicurato che i decreti della Buona Scuola saranno rivisti e migliorati, soprattutto in alcuni punti “caldi” che riguardano l'inclusione degli studenti con disabilità. 
Ma questo non è bastato a rassicurare tutte le associazioni: alcune di queste si sono riunite, aggregando anche famiglie e docenti, nella “Rete dei 65 movimenti per il sostegno”, con l'intenzione e il compito di difendere i diritti tutelati dalla legge, non sempre applicati nella realtà e che oggi rischiano di essere messi seriamente in discussione dalla “Buona scuola” e dai suoi decreti attuativi: quello sull'inclusione, in particolare, e quello sulla valutazione. 
Giovedì 23 febbraio scenderanno in piazza, a partire dalle 14, davanti a Montecitorio, per chiedere il ritiro delle deleghe.
“La legge 107 ha danneggiato tutti – spiega la rete - E tutti, famiglie, studenti, docenti, associazioni, comitati, operatori e assistenti, uniti, per la prima volta, fanno sentire la loro voce. 
E’ partita una battaglia che non è solo del comparto scuola, è la battaglia di tutti, della società civile che rivendica i diritti. 
Dal Tavolo tecnico nazionale organizzato da Osservatorio diritti scuola, tenutosi a Palermo il 28 e 29 gennaio – riferiscono ancora - la Rete ha redatto un documento unitario, che possa essere la base di confronto tra il Parlamento e la società civile”.
Il documento sarà al centro dell'incontro seminariale previsto per venerdì 24 febbraio a Roma e della conferenza stampa in Senato che, il 23 febbraio, accompagnerà il presidio. 
“Esaminata la legge delega Sostegno, articolo per articolo, i partecipanti hanno messo nero su bianco una serie di proposte, che si rifanno a quella che tutti considerano l’unica legge che disciplina e tutela la condizione di disabilità: la legge 104 del 1992”. 
Tra i tanti punti critici evidenziati nel documento, “principalmente è risultata a tutti molto grave e inaccettabile l’esclusione della famiglia nelle fasi organizzative e decisionali per la costruzione di un percorso didattico inclusivo – spiega la rete - La quantificazione delle ore di sostegno e delle figure professionali sembra debba essere accettata dai genitori esclusi, per volere di una commissione composta da varie figure che entrerebbero in contatto con il figlio disabile solo una volta all'anno e comunque all'insegna del massimo risparmio economico”
Altro punto critico è la composizione delle classi e l'innalzamento del “tetto massimo” del numero di alunni in presenza di disabilità. 
A tal proposito, “in comune accordo, dal tavolo tecnico, è emerso il proposito di tornare, così come prevede la legge 104/92, a classi composte da un massimo di 20 alunni con uno studente con disabilità grave o due con disabilità lievi”. 
La rete chiede poi la cancellazione “della dicitura 'nei limiti delle risorse disponibili', presente in più articoli della legge delega, perché le risorse devono essere necessariamente disponibili di fronte a diritti inalienabili e fondamentali”.
In sintesi, “la società civile, e non solo il mondo della scuola, dichiara irricevibile la volontà di depotenziare la legge 104 (di 44 articoli, la legge delega ne mette in discussione circa 18). Si ritorni allo spirito iniziale della legge 104 del 1992 che tutela i diritti fondamentali ed effettivi degli alunni con disabilità. 
E soprattutto si applichi bene ciò che lo Stato ha legiferato ma non ha tradotto in pratica (ad esempio con i posti in deroga sul sostegno. 
Si trasformino tutti in organico di diritto). 
Diritti che negli ultimi anni, sono stati negati a favore di esigenze di cassa e di bilancio, malgrado la Corte Costituzionale, con la sentenza n.80 del 2010 ha stabilito che tra l’esigenza effettiva di garanzia dei diritti fondamentali degli alunni con disabilità e le esigenze di bilancio pubblico, queste ultime devono sempre cedere il passo e arretrare”.
Appuntamento quindi a Roma, per il 23 e 24 febbraio: si inizia con una conferenza stampa nella sala Nassyria del Senato ed in contemporanea con un presidio autorizzato alle ore 14 in piazza Montecitorio. 
Il 24 febbraio presso il Liceo Tasso di Roma è previsto un convegno nazionale, con la partecipazione di associazioni, genitori, studenti , docenti e rappresentanti di ogni figura lavorativa e sociale.


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lunedì 20 febbraio 2017

Piano per l'accessibilità a Scandicci

Gonews.it del 16-02-2017
Piano per l'accessibilità a Scandicci, senza barriere architettoniche tutti gli esercizi pubblici

SCANDICCI. Un piano per rendere visitabili ai disabili tutti gli esercizi pubblici cittadini, assieme ad incentivi economici per interventi di abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali all'interno di immobili come negozi, appartamenti e condomini. La Giunta Comunale ha approvato un documento sul tema dell’accessibilità che riprende i punti programmatici del Sindaco Sandro Fallani, e che impegna l’Amministrazione ad inserire nei regolamenti, negli atti e nei documenti dell’ente provvedimenti finalizzati all'abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali in ambienti pubblici e privati. Grazie agli indirizzi contenuti nell'atto, presto tutti i titolari di esercizi pubblici che intervengano con lavori nella propria attività, oppure nei casi di subentro, dovranno rendere il proprio fondo visitabile ai disabili nel giro di 12 mesi, pena una sanzione; gli introiti derivanti dalle sanzioni confluiranno in un fondo vincolato abbattimento delle barriere architettoniche in edifici e spazi pubblici, o privati aperti al pubblico; il documento approvato dalla Giunta impegna l’Amministrazione Comunale ad aggiornare con queste disposizioni i propri regolamenti. 
Tra gli altri impegni per il Comune vi è quello di “Sviluppare modalità di incentivazione economica da attribuire a chi ne faccia richiesta mediante bando pubblico, al fine di sostenere economicamente sia i commercianti che i soggetti privati per interventi agli immobili (negozi, appartamenti e condomini) con lo scopo di renderli almeno visitabili”.
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sabato 18 febbraio 2017

Giornata mondiale Asperger: se una risonanza predice i disturbi

Panorama del 17-02-2017

Secondo studio pubblicato su Nature è possibile prevedere il rischio già prima dell'anno di età con la risonanza magnetica.

Il 18 febbraio, giorno di nascita di Hans Asperger che ha dato il nome alla sindrome che fa parte dei disturbi dello spettro autistico, si celebra la giornata mondiale dell'Asperger. 
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che un bambino su 160 abbia un disturbo dello spettro autistico, che può comportare grosse difficoltà di comunicazione con gli altri, una propensione ad azioni ripetitive, una tendenza al perfezionismo, un'interpretazione letterale della realtà e di ciò che viene detto e molto altro.
Diagnosi precoce.
Uno studio appena pubblicato su Nature suggerisce che una risonanza magnetica del cervello del bebè possa rivelare qual è il suo rischio di sviluppare l'autismo. 
Quando il cervello del bambino cresce a un ritmo più veloce del normale, quello sarebbe un segno rivelatore di ASD (disturbo dello spettro autistico). 
Già si sapeva che i bambini con ASD hanno in genere cervelli più grandi rispetto ai coetanei, ma si ignorava a quale età intervenga questa differenza.
Fino ad oggi la diagnosi di disturbo dello spettro autistico poteva essere fatta a partire dai due anni, a cominciare da quando i problemi comportamentali e le difficoltà di comunicazione diventano evidenti. 
Lo studio di Nature ha coinvolto 106 neonati considerati ad altro rischio di ASD (per casi in famiglia) con 42 a basso rischio e ha riscontrato una più rapida crescita della superficie corticale tra sei mesi e un anno di età nei bambini successivamente diagnosticati con un disturbo dello spettro autistico a due anni, rispetto a quelli che non risultavano affetti.
Iniziare a curare prima.
"Il nostro studio mostra che i biomarcatori precoci dello sviluppo del cervello potrebbero essere molto utili per identificare i bambini a più alto rischio di autismo prima che i sintomi comportamentali emergano", ha spiegato l'autore dello studio, Joseph Piven della University of North Carolina. 
Sarebbe così possibile intervenire prima della comparsa dei sintomi, a un'età in cui il cervello umano è più malleabile. 
"Tali interventi possono avere una maggiore possibilità di migliorare la prognosi rispetto ai trattamenti avviati dopo la diagnosi". 
Ma i ricercatori avvertono che occorreranno altri studi prima che la risonanza magnetica diventi uno strumento clinico di diagnosi.

Marta Buonadonna 

martedì 14 febbraio 2017

MIO GIOVANE AMICO

MIO GIOVANE AMICO
Forse non è lecito portare con sé un quantitativo di droga a scuola, perché la scuola è il luogo della formazione e dell’apprendimento, forse per un ragazzo minorenne non è neppure privo di conseguenze emotive custodire in casa droga nascondendola ai propri genitori.
I minori sono tutelati da leggi che considerano la loro età evolutiva, ancora non del tutto formata e in grado di esercitare una volontà autodeterminante.
Immagino come ti sei sentito, giovane amico di Lavagna, quando uomini vestiti di grigio ti hanno perquisito davanti alla tua scuola.
Ti hanno violato nella tua persona come fossi un delinquente armato e pericoloso.
Perquisirti davanti ai tuoi compagni è stato come dirti: non è vero che la scuola è educativa, non è vero che lo Stato ti tutela con le sue leggi.
Ti hanno spogliato della tua dignità e della tua libertà.
Il mondo è diventato in quel momento per te un luogo di menzogne.
Hanno perquisito la tua stanza e hanno trovato il tuo piccolo oggetto proibito, quello che dicono avevi confessato di avere in casa, ma sarà vero?
E se lo fosse, perché ti hanno trattato così, umiliandoti anche  nella tua casa?
Non ce l’hai fatta a sopportare questo sopruso e ti sei liberato della tua giovane vita di sedicenne gettandoti dal balcone.
Non è possibile che un giovane venga indotto al suicidio da funzionari dello Stato in una società democratica e tollerante.
La tua vita non sarà dimenticata, piccolo amico di Lavagna, che si possa fermare la violenza dello Stato esercitata contro i singoli cittadini, una violenza molte volte nascosta e che non viene smascherata.

Letizia Lo Prete

Taranto torna in piazza per chiedere Giustizia!

L'immagine può contenere: una o più persone
Taranto torna in piazza per chiedere Giustizia!
In attesa di conoscere gli esiti del processo Ambiente Svenduto, le recenti richieste di patteggiamento
avanzate dal gruppo RIVA lasciano la popolazione estremamente preoccupata.
Non è dato sapere, difatti, se il denaro dei patteggiamenti sarà investito per interventi in favore dello
stabilimento siderurgico o se verrà destinato al territorio tarantino.
Quei soldi, pochi in verità rispetto ai danni causati, devono essere destinati a Taranto, alla sua provincia ed ai suoi abitanti: non certo usati per rendere appetibile la vendita dell’azienda.
Parliamo di una provincia che ha già pagato, paga e ancora pagherà con malattie e morti; di un territorio che vede, tra l'altro, i propri prodotti alimentari guardati con sospetto dal mercato e gran parte del suo patrimonio immobiliare, specie quello vicino l'Ilva, fortemente deprezzato; di una Città che, in determinate giornate di vento, è costretta a vivere in apnea!
Non possiamo tacere le nostre perplessità, non più: Taranto merita un’attenzione diversa, più profonda, più umana.
Abbiamo perso fiducia nei confronti dei Governi, sempre attenti ad anteporre la produzione dell’acciaio alla nostra salute!
I diritti umani, pur sanciti nella nostra Costituzione, qui sembrano non esistere: negli anni si sono
susseguite troppe leggi SALVA ILVA e nemmeno una Legge SALVA TARANTO!
Alla Magistratura, in cui abbiamo sempre avuto fiducia, chiediamo di porre attenzione alle richieste di patteggiamento e, soprattutto, alla destinazione del denaro che verrebbe recuperato.
Quei soldi devono essere utilizzati per Taranto, per le BONIFICHE e per il RISARCIMENTO dei danni da questo territorio subiti.
Quel denaro può costituire un primo anticipo per i lavori di messa in sicurezza di emergenza della falda sotto i parchi minerali: l'Ilva, da tempo, è obbligata a farlo ma continua a non farlo.
In assenza di certezze sulla destinazione per Taranto di quei denari, QUEI PATTEGGIAMENTI VANNO RIGETTATI.
Al Governo chiediamo di pensare alla Provincia di Taranto anche attraverso l’istituzione di un fondo che garantisca il risarcimento dei danni; come ulteriore forma risarcitoria, pretendiamo la totale esenzione dalle tasse e dai ticket sanitari.
Al Governo chiediamo ancora, e con forza, il FERMO IMMEDIATO DELLE FONTI INQUINANTI;
chiediamo di sapere e poter partecipare, come cittadini, alle decisioni che, necessariamente, avranno
ricaduta sulla nostra città e sulla nostra salute.
Noi non crediamo nell'ambientalizzazione dell'Ilva: l'acciaieria non potrà mai essere compatibile con la vita dei tarantini, così a ridosso della città!
Fuori dall’Ilva c’è un territorio i cui diritti sono calpestati; al suo interno avviene lo stesso, e non vi sono neppure certezze sul futuro di tutti i lavoratori.
Occorre operare una profonda RICONVERSIONE economica e sociale di Taranto che, a partire dalla
chiusura delle fonti inquinanti, porti alla bonifica del suo territorio, da affidare agli stessi operai della
fabbrica e dell’indotto. 
Per questo il Governo deve richiedere l’accesso ai fondi europei per la globalizzazione previsti proprio per la riqualificazione professionale degli operai, nonché il loro accompagnamento verso altre forme di occupazione. 
Ciò consentirebbe di avere una manodopera altamente specializzata da impiegare nelle nuove economie verdi in fortissimo sviluppo.
La nostra voglia di Giustizia per Taranto non si ferma il 25 febbraio: ci poniamo l'obiettivo di riunirci
periodicamente e di continuare ad organizzare eventi di richiamo cittadino.
Siamo stanchi e delusi, ma vogliamo trasformare la nostra rabbia in attività concrete, perché Taranto
merita rispetto.
Ribadiamo la nostra apartiticità: siamo semplici cittadini, ognuno con la sua idea ma tutti liberi da qualsiasi bandiera politica.
Non vogliamo neanche essere definiti ambientalisti: siamo solo cittadini che chiedono le basi del vivere dignitoso e civile, il sacrosanto diritto alla salute, il diritto a non doversi più ammalare o morire per colpa della produzione di acciaio.
Il nostro obiettivo è racchiuso nelle parole della Dott.ssa Patrizia Todisco:
“NON UN ALTRO BAMBINO, NON UN ALTRO ABITANTE DI QUESTA SFORTUNATA CITTÀ, NON UN ALTRO LAVORATORE DELL’ILVA, ABBIA ANCORA AD AMMALARSI O A MORIRE O AD ESSERE COMUNQUE ESPOSTO A TALI PERICOLI, A CAUSA DELLE EMISSIONI TOSSICHE DEL SIDERURGICO”.
#giustiziapertaranto
giustiziapertaranto@gmail.com

domenica 12 febbraio 2017

PUB ACCESSIBILI IN GRAN BRETAGNA

Pub accessibili, dalla Gran Bretagna
arrivano le "linee guida" in 6 punti

Luogo simbolo dell’ospitalità e del tempo libero in Gran Bretagna, i Pub si stanno attrezzando per rimuovere le barriere ed essere fruibili a tutti.
“I pub sono per tutti. Perché essere accessibile è importante”: ne è convinta la British Beer and Pub Association (Bbpa), che in questi giorni ha pubblicato sul suo sito delle vere e proprie linee guida per l’accessibilità dei locali simbolo della Gran Bretagna.
La guida mette in evidenza le varie fasi degli interventi necessari per garantire l’accessibilità dei locali: dalle rampe di accesso alla dimensione della porta, dai segnali acustici ai menù scritti in caratteri grandi.
La guida sottolinea, anche, l'importanza della formazione del personale, perché il pub sia in grado di soddisfare le esigenze dei clienti con disabilità, e il personale sappia compiere in modo adeguato le proprie mansioni.
“I pub sono la casa dell’ospitalità e continuano a svolgere un ruolo fondamentale nelle comunità locali di tutto il paese – si legge nell'introduzione della guida - Rinomati per l’eccezionale servizio ai clienti, è naturale che i pub stiano lavorando sodo per migliorare l'accessibilità per tutti. Sebbene la maggior parte siano piccoli locali e a volte con vincoli storici, un numero sempre crescente di locali stanno cercando di rendersi accessibili, tramite aggiustamenti spesso creativi e innovativi. Che si tratti di un drink con gli amici, di un pasto con tre portate, di una serata di musica dal vivo, questi aggiustamenti stanno permettendo a sempre più persone di godere dei tanto amati pub britannici”. Come evidenzia chiaramente l’associazione, non si tratta solo di un impegno socialmente dovuta, ma anche economicamente fruttuoso, dal momento che “oltre mezzo milione di turisti stranieri con problemi di salute o disabilità visitano l’Inghilterra ogni anno, spendendo intorno agli 0,3 miliardi di sterline”.
L’associazione individua quindi i 6 “passi” verso l’accessibilità che questi locali possono compiere, se vogliono diventare davvero per tutti:
1.    predisposizione rampa rimovibile di accesso, un modo efficace per rendere l’ingresso più                    semplice possibile e potrebbe essere condivisa con gli altri punti vendita al dettaglio vicino;
2.    installazione di “hearing loop”, ovvero sistemi acustici per persone con disabilità uditiva;
3.   stampare menù stampati con caratteri grandi, più semplici da consultare per chi ha problemi di
     vista e non solo;
4.  disposizione di un servizio igienico accessibile, come valore aggiunto in qualsiasi pub e sarà un
    fattore chiave per attrarre chi ha esigenze speciali”;
5.  garantire che il personale sia addestrato a soddisfare le esigenze dei clienti con disabilità 
    sappia utilizzare gli strumenti dell’accessibilità presenti nel locale”;
6.   assicurare che il percorso per il bar e il WC sia privo di ostacoli e facile da raggiungere.







martedì 7 febbraio 2017

LIBERA: la carrozzina per svolgere attività agricole

Una carrozzina per svolgere attività agricole



Si chiama Libera ed è una sorta di carrozzina a trazione elettrica, attrezzata per potersi spostare e accedere ai campi coltivati e svolgere attività agricole, come il monitoraggio delle colture, la partecipazione attiva alle operazioni di raccolta, controllo e coordinamento tecnico-logistico. In sostanza, si tratta di un veicolo monoposto semovente a trazione elettrica, caratterizzato da uno specifico telaio aperto anteriormente, per facilitare appunto l’accesso al posto di guida dell’operatore con disabilità in totale autonomia.
Libera è uno dei risultati del Progetto AMADI (Automazione Macchine Agricole per Disabili), promosso e finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, per facilitare l’inserimento lavorativo nel settore agricolo di persone con disabilità.
La realizzazione è stata curata dal CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria), con la collaborazione di UNACOMA (Unione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura), ENAMA (Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola) e FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). 

sabato 4 febbraio 2017

Una guida all'assegno mensile di invalidità civile per il 2017


L’assegno mensile di invalidità civile è una provvidenza economica riconosciuta ai mutilati ed invalidi civili con un’età ricompresa tra i 18 anni e i 65 anni nei cui confronti sia accertata una invalidità pari almeno al 74%.
 L’assegno di invalidità civile è una provvidenza economica riconosciuta ai mutilati ed invalidi civili con un’età ricompresa tra i 18 anni e i 65 anni nei cui confronti sia accertata una invalidità civile ricompresa tra il 74% ed il 99%. Come per la pensione di invalidità civile parliamo di un sostegno a carattere assistenziale, cioè slegato dalla presenza di un rapporto assicurativo e contributivo del beneficiario. Per il quale è necessario, pertanto, il rispetto di determinati requisiti reddituali. Vediamo dunque in questa breve guida quali sono i requisiti e le condizioni per avere diritto al sostegno economico.

Destinatari. La prestazione, introdotta dall'articolo 13 della legge 118/1971, è erogabile in favore dei cittadini italiani residenti in Italia; a loro sono equiparati, purché sempre residenti in Italia, i cittadini comunitari e i cittadini extracomunitari (si ricorda che la Sentenza della Corte Costituzionale 187/2010 ha fatto venir meno il presupposto della titolarità della carta di soggiorno per la concessione del trattamento in parola).

Il beneficio, come accennato, può essere richiesto da soggetti che abbiano un’età compresa tra i 18 e i 65 anni. Dal 1° gennaio 2016 il limite massimo per il riconoscimento del sostegno è stato elevato a 65 anni e 7 mesi e, per gli anni successivi, dovrà essere adeguato ai sensi della speranza di vita. La prestazione è concessa per 13 mensilità con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda per l’accertamento dell’invalidità, non è reversibile ai superstiti ed è pari, per il 2017, a 279,47 € al mese.

Il reddito. Per avere diritto all'assegno di invalidità civile gli interessati devono rispettare determinati limiti reddituali che, per l’anno 2017 non possono eccedere il valore di 4.800,38 euro. Sono valutabili i redditi di qualsiasi natura calcolati ai fini Irpef al lordo degli oneri deducibili e delle ritenute fiscali. Come per la pensione di inabilità civile la valutazione del reddito deve essere effettuata nei confronti del solo percettore del sostegno economico e non, anche, del coniuge o degli altri familiari.



 Compatibilità con altre prestazioni e attività lavorativa. L’assegno mensile è incompatibile con le prestazioni dirette di invalidità a qualsiasi titolo erogate. L’articolo 3 della legge 407/1990 stabilisce infatti che le prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell’interno (ora Inps) con esclusione di quelle erogate ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali non sono compatibili con prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidita’ contratte per causa di guerra, di lavoro o di servizio, nonche’ con le pensioni dirette di invalidita’ a qualsiasi titolo erogate dall’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidita’, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, dalle gestioni pensionistiche per i lavoratori autonomi e da ogni altra gestione pensionistica per i lavoratori dipendenti avente carattere obbligatorio. Al soggetto interessato viene, tuttavia, riconosciuta la facoltà di optare per il trattamento più favorevole. Non ci sono invece ostacoli al riconoscimento di un’altra prestazione di tipo previdenziale non di invalidità (es. pensione di vecchiaia o pensione anticipata, pensione ai superstiti) fermo restando, tuttavia, che il limite di reddito annuo personale resti al di sotto del limite di reddito stabilito dalla norma (che è piuttosto basso).

Questione diversa riguarda la possibilità per il beneficiario dell’assegno mensile di svolgere attività lavorativa giacchè, tra le condizioni per il conseguimento dell’assegno, l’articolo 3 della legge 118/1971, richiede che l’interessato non svolga alcuna attività nè di natura subordinata nè autonoma. A tal fine il titolare dell’assegno deve annualmente trasmettere all’Inps una autocertificazione nella quale dichiari di non svolgere attività lavorativa. Qualora tale condizione venga meno, lo stesso beneficiario è tenuto a darne tempestiva comunicazione all’INPS.  Nonostante il generale divieto appena indicato la prassi amministrativa Inps ritiene che la percezione di un reddito da lavoro inferiore al limite stabilito dalla norma (4.800 euro annui) per il riconoscimento dell’assegno di invalidità, non configura uno svolgimento di attività lavorativa e, pertanto, l’interessato possa comunque ottenere il beneficio.

Trasformazione. La prestazione, come indicato, spetta sino a 65 anni e 7 mesi di età (requisito di età da adeguare alla speranza di vita Istat). Al compimento della suddetta età la pensione si trasforma automaticamente in assegno sociale sostitutivo dell’invalidità civile.

La maggiorazione sociale. Anche l’importo base dell’assegno di invalidità al pari della pensione di invalidità civile può subire un aumento di 10,33 euro al mese (per tredici mensilità) qualora il titolare ed il coniuge non possiedano redditi superiori ad un determinato importo. L’articolo 70, comma 6 della legge 388/2000 riconosce, infatti a decorrere dal 1° gennaio 2001 tale maggiorazione a condizione che la persona titolare: a) non possieda redditi propri per un importo pari o superiore all’ammontare annuo complessivo dell’assegno sociale e della predetta maggiorazione (per il 2017 questo valore è pari a 5.959,20€); b) non possieda, se coniugata, redditi propri per un importo pari o superiore a quello di cui alla lettera a), ne’ redditi, cumulati con quelli del coniuge, per un importo pari o superiore al limite costituito dalla somma dell’ammontare annuo dell’assegno sociale comprensivo della predetta maggiorazione e dell’ammontare annuo del trattamento minimo delle pensioni a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (per il 2017 questo limite è pari a 12.483,77€) . Non si procede al cumulo dei redditi con quelli del coniuge legalmente ed effettivamente separato.


giovedì 2 febbraio 2017

Bando Pro.Vi. 2016-2018: Prorogata la scadenza al 28 febbraio 2017

BANDO PRO.VI. 2016 – 2018: PROROGATA LA SCADENZA AL 28 FEBBRAIO E APERTA LA POSSIBILITA’ DI ACCEDERE A PERSONE CON DISABILITA’ INTELLETTIVA E NON VEDENTI ANCHE A TARANTO E GINOSA!!

C’è ancora tempo fino al 28 febbraio 2017 per presentare le domande di partecipazione al bando PRO.VI. per ottenere un budget fino a €15.000 per finanziare progetti di vita indipendente e da oggi è aperto l’accesso anche a chi ha disabilità intellettive e ai non vedenti di Taranto e Ginosa!
PER MAGGIORI INFORMAZIONI: http://www.mediterraneo.social/attiva/bando-pro-vi-2016-2018-prorogata-la-scadenza-al-28-febbraio/

mercoledì 1 febbraio 2017

I disabili potranno chiamare e navigare a meta' prezzo

I disabili potranno chiamare e navigare a meta' prezzo

Nuove offerte internet rete fissa e di telefonia mobile per non vedenti e sordi italiani. 

L’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) ha fatto sapere che sono stati varati sconti speciali per questi utenti. 
In particolare sono previste riduzioni del 50% sul canone mensile rivolte ai sordi, ai ciechi totali e a quelli parziali e, nel caso della telefonia fissa, anche al nucleo familiare di cui fanno parte. 
Per i servizi mobile, le agevolazioni dovranno garantire, per i non udenti, un volume di traffico dati di almeno 20 Gb nonché l’invio di almeno 50 SMS gratuiti al giorno e, per chi ha deficit visivi, un’ offerta comprensiva di 2.000 minuti di traffico voce gratuiti ed un volume di traffico dati di almeno 10 Gb.

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I soci dell’Associazione "Contro le Barriere", nel nuovo anno incominciato da poco, vi rivolgono questo appello caloroso, sperando che comprendiate le motivazioni che li hanno spinti a farlo. 

Con soli 8,33 centesimi di euro al giorno (30 euro annuali) potresti diventare socio della nostra Associazione, dimostrando la tua solidarietà a chi, quotidianamente, si adopera per migliorare le condizioni sociali delle persone con disabilità (bisogni espressi e non espressi), battendosi per la rimozione degli ostacoli fisici (barriere architettoniche), morali (barriere culturali), delle barriere visive e della comunicazione, nonché per migliore la condizione delle persone che vivono in condizioni di svantaggio economico.

Siamo un Associazione, nata nel 2000, e, fino ad ora, non abbiamo mai esternato pubblicamente il bisogno di chiedere di associarsi al nostro sodalizio, perché credevamo, che, con le nostre poche forze economiche e quei pochi contributi ricevuti, da alcuni privati (anche con il 5 x 1000), al quale va il nostro plauso, potevamo sostenere le spese per poter svolgere le nostre attività e per tenere aperta una sede tutti i giorni della settimana, a volte, anche, durante le festività, per svolgere le seguenti attività: dibatti pubblici, ludico-ricreative, incontri di auto aiuto, laboratorio di oggettistica, progettazione, sportello informativo, supporto e disbrigo prative, nonché consulenza socio-sanitaria, legale e fiscale.
Invece, ci siamo resi conto che, se vogliamo continuare a svolgere le nostre attività ed aggiungerne altre, abbiamo bisogno di aumentare il numero di soci, non solo dal punto di vista meramente economico, ma, anche, per aggiungere un valore morale in più, in modo tale da essere più incisivi nelle nostre rivendicazioni.
Al seguente link:
è pubblicata la domanda di adesione alla nostra Associazione, nel caso vogliate accogliere il presente appello, che potrete compilare ed inviarcela come raffigurato nelle immagini sottostanti, allegandoci, possibilmente, anche una vostra foto, riferendoci la vostra disponibilità per incontrarci per apporre le firme della domanda in oggetto.


Per conoscerci meglio, attraverso le attività principali svolte in 17 anni di vita, cliccate sul seguente link: http://controlebarriere.blogspot.it/2017/01/chisiamo-e-cosa-facciamo-siamo_94.html

Infine, al seguente link:

potete visionare lo Statuto associativo in vigore