sabato 30 settembre 2017

Resoconto della conferenza stampa di "TARANTO senza barriere" del 30 settembre 2017


Il 30 settembre, alle ore 10:00, presso la sede dell’Associazione “Contro le Barriere” a Taranto in Via Cugini 39/40, si è tenuta una conferenza stampa di un gruppo di cittadini, denominato “TARANTO senza barriere”, durante la quale hanno annunciato che dal 23 settembre stanno raccogliendo delle firme per un petizione popolare da consegnare il 4 dicembre di quest’anno, al Sindaco del Comune di Taranto.
Francesco Vinci, Presidente dell’Associazione “Contro le Barriere, ha esposto la petizione, la quale chiede all’Amministrazione Comunale:
1. Di  adottare il Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (P.E.B.A.), per garantire la piena accessibilità, a tutti i  cittadini, di tutti gli edifici pubblici e degli spazi urbani.
Per mezzo di questo Piano il Comune potrà attuare, ad esempio, i seguenti interventi:
  • adeguamento a norma degli scivoli esistenti sui marciapiedi      della città (ad esempio scivoli che sono veri e propri gradini che rovinano le carrozzine, scivoli privi di segnaletica orizzontale e verticale, scivoli con pendenze errate), nonché creazione nei marciapiedi sprovvisti;
  • rendere accessibili tutti gli uffici comunali, un esempio eclatante è il Palazzo Latagliata, presso il quale si svolgono le riunioni delle Commissioni consiliari, che di legge sono aperte al pubblico;
  • attrezzare le spiagge pubbliche per facilitare l’accesso ai disabili;
  • rendere  fruibili alle persone in carrozzina l’uso dei bus dell’AMAT ed accessibili le proprie fermate;
  • installare semafori con avvisatori acustici e percorsi pedonali per i non vedenti.

2. La ricostituzione della Consulta sulla Fragilità, organismo consultivo del Comune delle Associazioni di disabili che, a causa di un Regolamento dell’Albo delle Associazioni aderenti, troppo restrittivo, che, nell’escludere realtà associative significative, tuttora risulta non operativa, e di seguito alla stessa Consulta gli è stata negata una propria sede operativa, individuata ed assegnata dal Comune di Taranto nel 2011, ubicata in Via Friuli 7 a/b (bene confiscato alla criminalità organizzata).
A tal proposito, Francesco Vinci ha ricordato che il 17 luglio dell’anno scorso, proprio, nella presente sede, si svolse una conferenza stampa, nella quale le Associazioni Consulta sulla  Fragilità, comunicavano alla cittadinanza tarantina l’inutilità dell’esistenza di questa Consulta, perché il Comune di Taranto,   di fatto non aveva riconosciuto alla stessa una sede operativa.
L’operatività di questa Consulta, ha aggiunto Vinci,  è l’elemento essenziale per garantire un punto di riferimento   alle persone con disabilità, al fine di concordare con l’Amministrazione Comunale tutte le azioni in loro favore, una di esse sono proprio i P.E.B.A.
Vengono comunicate le date del mese di ottobre, nelle quali “TARANTO senza barriere” sarà presente con un gazebo per la raccolta delle firme: sabato 7 in Piazza Sicilia (dalle 10:00 alle 12:30); sabato 14 in Piazza M. Immacolata (dalle 18:00 alle 21:00); domenica 22 in Piazza della Vittoria (dalle 10:00 alle 12:30).
Inoltre, le firme saranno raccolte, dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle 10:30, presso la sede dell’Associazione “Contro le Barriere” (Via Cugini 39/40); mentre tutti i giorni, sarà possibile nei seguenti bar: Barman, in Via P. Amedeo n. 332 e Il Mio Bar, in Via C. Battisti n. 279.
La conferenza stampa si conclude precisando che questa petizione è il risultato di 2 incontri di un gruppo aperto di cittadini, denominato "TARANTO senza barriere", che a partire dall’ 8 settembre, si incontrano, ogni venerdì alle 18.00, presso la sede l’Associazione “Contro le Barriere” a Taranto in Via Cugini 39/40, per organizzare azioni, attività ed eventi di sensibilizzazione non solo sulle problematiche dei cittadini con disabilità, ma, anche di quelli che vivono in condizione di disagio sociale ed economico, al fine di raggiungere risultati concreti, come per esempio la petizione popolare che stata adesso esposta.
Viene precisato che di questo gruppo possono far parte tutti i cittadini che condividono il percorso tracciato e saranno ben accolte qualsiasi proposta di azioni ed eventi di sensibilizzazione sociale.


mercoledì 27 settembre 2017

Conferenza stampa TARANTO senza barriere



Si comunica che, sabato 30 c.m., alle ore 10:00, presso la sede dell’Associazione “Contro le Barriere”, a Taranto in Via Cugini 39/40, si terrà una conferenza stampa, nella quale si comunicherà alla cittadinanza che, un  gruppo di cittadini, denominato “TARANTO senza barriere”, sin dal 23 di questo mese stanno raccogliendo delle firme per un petizione popolare da consegnare al Sindaco del Comune di Taranto, il 4 dicembre di quest’anno, nella quale si chiede all’Amministrazione di  adottare il Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (P.E.B.A.), per garantire la piena accessibilità, a tutti i  cittadini, di tutti gli edifici pubblici e degli spazi urbani, nonché la ricostituzione della Consulta sulla Fragilità, strumento essenziale per garantire un punto di riferimento alle persone con disabilità, al fine di concordare con l’Amministrazione Comunale tutte le azioni in loro favore, una di esse sono proprio i P.E.B.A.
In questa conferenza saranno rese note le date, in cui saranno presenti per le piazze della città i gazebo, presso i quali sarà possibile firmare la petizione in oggetto, nonché i siti dove sarà possibile farlo tutti i giorni.

martedì 26 settembre 2017

I lavoratori diversamente abili, ostaggi di un sistema non inclusivo





Soltanto due su 10 riescono a trovare una occupazione. 
Una cifra ben lontana dalla media Ocse (40%). Dalle carenze legislative all'ostacolo culturale: radiografia del gap italiano.



ROMA. Il governo è tornato a promettere nuove misure per ridurre la disoccupazione giovanile, giunta ormai a toccare percentuali drammatiche. Parlando al meeting di Rimini, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha annunciato lo stanziamento di 2 miliardi di euro e l'introduzione di nuove «norme anti licenziamento» con l'obiettivo di creare 300 mila posti. 
Ma sono i portatori di handicap, secondo una ricerca condotta dall'Ufficio Valutazione Impatto del Senato, a essere ancora una volta dimenticati e lasciati fuori dal mercato del lavoro.




1. I numeri: solo due disabili su 10 riescono a trovare una occupazione
In Italia, solo 2 disabili su 10 riescono a trovare una occupazione. Si tratta di una cifra assai bassa, specie se comparata con quella – tutt'altro che lusinghiera – della media Ocse, che si attesta attorno al doppio: il 40%. L'82% dei disabili è escluso dal mondo del lavoro e, dunque, dal nostro assetto sociale. 

Ma aiutarli a trovare una occupazione non deve essere considerato mero welfare o, peggio, atto caritatevole, perché anche l'assistenza sociale ha un costo considerevole e a fondo perduto. Si potrebbe invece avere un risparmio o addirittura dei rientri semplicemente trovando mansioni adatte ai diversamente abili, in modo da includere una intera categoria, continuamente discriminata, in grado però di contribuire.


2. Gli interventi legislativi: cambio di passo col governo Renzi
Dal dopoguerra a oggi sono state davvero poche le leggi mirate a un tema così delicato. 

Occorre però riconoscere che il legislatore è tornato a occuparsi della materia proprio sotto l'esecutivo Renzi: prima con il Jobs Act e poi con la norma "dopo di noi". Ed è proprio quest'ultima ad aver segnato uno spartiacque con il passato. La legge 112/16, infatti, si occupa, tramite un fondo ad hoc e una serie di strumenti (dal trust a sgravi fiscali, fino ad arrivare a incentivi sulla stipula di polizze assicurative), di garantire dignità e indipendenza ai disabili dopo la morte delle persone che li accudiscono. 
Nonostante il disinteresse dei media, il provvedimento firmato della deputata del Pd Ileana Argentin è molto importante perché, mentre secondo il precedente regime alla morte dei tutori (di solito i genitori) lo Stato provvedeva a internare in apposite strutture le persone colpite da disabilità, oggi è possibile consentire loro di continuare a vivere nella casa famigliare in un quadro di relativo benessere, indipendenza economica e dignità.
3. L'ostacolo culturale: la legge da sola non basta
Le disposizioni introdotte dalla L. 112/16 (“Dopo di noi”) sono sì importanti, ma non risolutive. 

Il solo modo per aiutare una persona diversamente abile a vivere appieno la propria vita, integrandosi con profitto nel tessuto sociale, è quello di consentirle di trovare un lavoro. 
E qui occorre vincere la diffidenza delle aziende, l'indisponibilità dei datori di lavoro, lo scarso coinvolgimento dei colleghi, discriminazioni dirette e indirette, pregiudizi radicati e stigma sociale. 
Insomma, la legge da sola non basta: occorrerebbe prima rieducare coloro che si ritengono “normali”.
4. Le novità del Jobs Act: cambiano le regole su assunzioni e incentivi
Con le nuove norme in tema di lavoro, il legislatore ha modificato in parte anche la legge 68/99 (“Il diritto al lavoro dei disabili”) per ciò che riguarda il “collocamento mirato”. 

Tale istituto, introdotto 18 anni fa nel tentativo di dare una risposta al problema, almeno su carta, individua una serie di mezzi tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le capacità lavorative delle categorie protette, al fine di creare un punto di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Nei fatti si traduce nell'obbligo, per le aziende con più di 15 dipendenti, di assumere persone che abbiano un’invalidità lavorativa superiore al 45%. 
Una unità se occupano da 15 a 35 dipendenti, due dai 35 ai 50, il 7% dei dipendenti totali per quelle più grandi. Con il Jobs Act l'obbligo si è inasprito: scatta dal 15esimo dipendente e non più dal 16esimo e grava sull'imprenditore (ma anche sui partiti, sui sindacati e sulle associazioni senza scopo di lucro) a prescindere dalle nuove assunzioni. Riformati anche gli incentivi: dal 35% al 70% della retribuzione, tenendo in considerazione la durata dei contratti e tentando di favorire sopratutto i lavoratori con disabilità psichica, i “grandi esclusi” dal mondo del lavoro.
5. Il collocamento mirato: una disposizione rimasta inattuata
In realtà, le novità del Jobs Act si innestano su una disposizione che, denunciano i sindacati, non ha mai funzionato e il cui ambito di applicazione è stato negli anni svuotato da deroghe ed escamotage per permettere agli imprenditori di sottrarsi ai propri doveri. Alcuni mesi fa, le organizzazioni sindacali di base della Cub (Confederazione Unitaria di Base) di Roma e Firenze hanno scritto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiedendogli di intervenire «al fine di favorire una reale applicazione della legge 68/99 nei luoghi di lavoro pubblici e privati». 

Le sigle sindacali hanno lamentato inoltre la mancata attuazione della “Banca dati del collocamento mirato”, istituita col Jobs Act ma mai avviata.
6. Le critiche dei sindacati: quelle circolari del ministero del Lavoro che violano la legge
Nel loro appello a Mattarella, le organizzazioni sindacali individuano in particolare due circolari che consentono diverse deroghe alle disposizioni in tema di collocamento mirato. 

La 77 del 2001 permette alle aziende di pulizia di escludere dal computo delle quote obbligatorie i lavoratori assorbiti da appalti conseguiti dopo la costituzione. Quindi, se inizialmente sono costituite da 15 dipendenti e, a seguito di appalti, arrivano a contare oltre 50 lavoratori, a loro – e solo a loro – si continua a richiedere la quota fissa di un lavoratore disabile, facendo fede il numero di partenza. La circolare 2 del 2010 permette invece alle aziende in crisi che assumono lavoratori dalla mobilità di essere escluse dall'applicazione della 68/99 per l'intero periodo di fruizione degli ammortizzatori sociali.
7. L'esempio statunitense: il Supported Employment
Quando si parla di welfare, gli Stati Uniti non sono certo un modello cui tendere. Eppure, in tema, hanno elaborato un istituto che pare garantire risultati. È il Supported Employment e prevede l’inserimento immediato del disabile nel mercato competitivo con un “job coach” che supporta sia il lavoratore sia il suo datore di lavoro. Secondo lo studio dell'Ufficio di Valutazione Impatto del Senato, si evitano così le trappole che si sono manifestate nella prassi italiana del lavoro protetto, che aumenta i rischi di esclusione dal lavoro ordinario, e le insidie dei tirocini, terminati i quali molti portatori di disabilità (sopratutto mentale) vengono lasciati a casa.
8. Il rischio esclusione: oltre 80 mila alunni con disabilità nella scuola primaria
Secondo le ultime rilevazioni Istat effettuate nel 2013, in Italia ci sono 3,2 milioni di persone di età superiore ai sei anni con almeno una limitazione funzionale, di cui 2 milioni e 500 mila anziani. Sempre secondo l'Istat, nell'anno scolastico 2015-2016, gli alunni con disabilità nella scuola primaria sono 88.281 (pari al 3% del totale degli studenti), nella scuola secondaria di I grado 67.690 (il 4% del totale). Il 5 aprile del 2016, in audizione della Commissione Lavoro del Senato, il presidente dell'Istat, Giorgio Alleva, ha dichiarato: «Circa 269 mila disabili vivono con uno o entrambi i genitori (49,9%). Loro vedranno aumentare in futuro il rischio di esclusione ed emarginazione, se la società non sarà in grado di fornire loro il supporto delle cure e l’autonomia economica assicurata attualmente dalla rete familiare». Numeri importanti, come è importante la cifra che lo Stato destina a titolo di indennità di accompagnamento, lasciando queste persone parcheggiate a casa o presso presidi socio-assistenziali e senza permettere loro di contribuire allo sviluppo della società, in base alle proprie attitudini e capacità.



Riguardo al presente argomento ed altre problematiche delle persone con disabilità e non, ogni venerdi alle 18.30, presso la sede dell'Associazione "Contro le Barriere" (Taranto - Via Cugini n. 39/40), un gruppo di persone, denominato provvisoriamente, TARANTO SENZA BARRIERE, si riunisce per organizzare attività di sensibilizzazione ed iniziative ludico e culturali nella nostra città. 
Per ulteriori informazioni al riguardo contattare il 340 50 688 73


domenica 24 settembre 2017

PETIZIONE per l'adozione dei P.E.B.A. nel Comune di Taranto

Da oggi fino al 3 dicembre 2017, l'Associazione "Contro le Barriere" ed un gruppo di cittadini, stanno raccogliendo delle firme per la seguente petizione da consegnare il 4 dicembre c.a. al Sindaco del Comune di Taranto.


Alla conferenza stampa di sabato 30 settembre 2017, alle ore 10:00, presso la sede dell'Associazione promotrice, a Taranto in Via Cugini n. 39/40, saranno resi pubblici i siti e le date nelle quali saranno effettuati dei banchetti appositi, presso i quali sarà possibile firmare la presente petizione.
Intanto, presso la sede dell'Associazione "Contro le Barriere" è possibile firmare la petizione dal lunedì al venerdì dalle 8:30 alle 10:30.
Per ulteriori informazioni al riguardo, contattare Francesco Vinci al 340 50 688 73.

venerdì 22 settembre 2017

Cosa sono le barriere architettoniche




Riguardo al presente argomento ed altre problematiche delle persone con disabilità e non, ogni venerdi alle 18.30, presso la sede dell'Associazione "Contro le Barriere" (Taranto - Via Cugini n. 39/40), un gruppo di persone, denominato provvisoriamente, TARANTO SENZA BARRIERE, si riunisce per organizzare attività di sensibilizzazione ed iniziative ludico e culturali nella nostra città. 
Per ulteriori informazioni al riguardo contattare il 340 50 688 73




martedì 19 settembre 2017

Bus, disabili discriminati. La stangata del giudice "Adeguare mezzi e linee"



Una sentenza che deflagra ed è destinata a segnare un punto di svolta nel campo della tutela del diritto dei disabili alla mobilità.

Il tribunale di Vicenza ha ordinato alla società del trasporto pubblico locale, Svt, di adeguare mezzi e linee urbane e suburbane agli utenti che viaggiano in sedia a rotelle, dettando la linea del cambiamento: in sei mesi un piano di rimozione delle barriere architettoniche, entro il 2018 l'obbligo di raggiungere la quota del 60 per cento dei mezzi "accessibili" e per il 2019 il progressivo innalzamento a 12 del numero di linee fruibili a chi ha problemi motori.

La decisione è l'esito del ricorso presentato dall'associazione Luca Coscioni di Vicenza che ha avuto ragione sull'azienda, di cui il giudice ha riconosciuto «la condotta discriminatoria nei confronti delle persone disabili».

La vicenda ha inizio nel febbraio del 2016, quando l'associazione Luca Coscioni, rappresentata dagli avvocati Alessandro Gerardi e Roberto Coeli, cita in giudizio l'azienda del trasporto pubblico locale, Aim Mobilità srl (nel periodo pre-fusione con Ftv in Svt) sostenendo che gli autobus non sono accessibili alle persone con disabilità motorie.
Anche attraverso due prove sul campo, i ricorrenti contestano il fatto che molti mezzi di trasporto sono sprovvisti delle pedane estraibili per le carrozzine e dei sistemi di bloccaggio delle sedie a rotelle.
Inoltre, là dove le pedane esistono, continuano le accuse, i conducenti non sono in grado di azionarle oppure l'altezza delle banchine stradali non è adeguata.
Ora il provvedimento firmato dal giudice Dario Morsiani pesa come un precedente importante a Vicenza e non solo.

Perché la sentenza del 13 settembre è una delle prime in Italia a riconoscere la discriminazione collettiva da parte di un'azienda di trasporto pubblico locale.  Nello specifico, il dispositivo riporta che «Né Aim Mobilità srl, né Svt srl, hanno provato che, nel concreto, il servizio di trasporto pubblico è invece fruibile in autonomia dai disabili vicentini», che sono quindi in una «situazione di svantaggio».

LA CONDANNA.
Il tribunale ha quindi ordinato a Svt di adottare entro sei mesi un piano di rimozione delle discriminazioni che preveda il completamento del programma di rinnovamento dei veicoli, in modo che entro la fine del 2018 almeno il 60 per cento dei mezzi in uso sia attrezzato per i disabili in sedia a rotelle.
Non solo: entro quattro mesi dall'adozione del piano, l'azienda dovrà rendere fruibili almeno 4 linee della rete urbana e suburbana, «limitatamente alle fermate» che possono essere utilizzate da autobus attrezzati. Linee che entro la fine del 2018 dovranno diventare 8 e ancora 12 al 30 giugno del 2019.
Svt, poi, dovrà adottare un codice di comportamento e un programma di formazione per i conducenti in modo che gli autisti siano in grado di utilizzare i dispositivi presenti nel veicolo.
Anche il sito internet dell'azienda dovrà contenere le informazioni su linee e orari a misura di disabile, mentre i veicoli accessibili dovranno essere segnalati con uno speciale contrassegno. Il tribunale condanna Aim Mobilità a versare all'associazione 6 mila euro a titolo di risarcimento (le due società dovranno pagare anche le spese legali per 6.700 euro) e ordina la pubblicazione del provvedimento di condanna sulle pagine de Il Giornale di Vicenza.


Riguardo al presente argomento ed altre problematiche delle persone con disabilità e non, ogni venerdi alle 18.30, presso la sede dell'Associazione "Contro le Barriere" (Taranto - Via Cugini n. 39/40), un gruppo di persone, denominato provvisoriamente ,TARANTO SENZA BARRIERE, si riunisce per organizzare attività di sensibilizzazione ed iniziative ludico e culturali nella nostra città. 
Per ulteriori informazioni al riguardo contattare il 340 50 688 73






domenica 17 settembre 2017

Cosa sono i P.E.B.A.



Nella finanziaria del 1986 (legge 41), i commi 21 e 22 dell’articolo 32 riportano quanto segue:
21. Per gli edifici pubblici già  esistenti  non  ancora  adeguati alle prescrizioni del D.P.R.  384/78  dovranno  essere  adottati  da  parte  delle Amministrazioni  competenti  piani  di  eliminazione  delle  barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della  presente legge.
22. Per gli interventi di competenza dei comuni e  delle  province, trascorso il termine previsto dal precedente comma 21, le  regioni  e le province autonome di Trento e Bolzano nominano un commissario  per l'adozione dei piani di eliminazione delle  barriere  architettoniche presso ciascuna amministrazione.
Il comma 9 dell’art. 24 della legge 104/92, riporta quanto segue:
I piani di cui all'articolo 32, comma 21, della citata legge n. 41/86 sono modificati con integrazioni relative all'accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento all'individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all'installazione di semafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone handicappate.

Attualmente, a distanza di quasi trent'anni, la situazione, in molti Comuni italiani, riguardo all’eliminazione delle barriere architettoniche è, ancora, molto critica  e, nessuno di questi è stato mai commissariato.
Senza tener conto che dal 2009 è in vigore in Italia la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, di cui un principio è il DIRITTO all’ACCESSIBILITA’ SOCIALE .
Questo diritto sancisce  il diritto per le persone con disabilità alla vita indipendente ed all'inclusione sociale.
Inoltre, la stessa Convenzione ha ridefinito, secondo la risoluzione del 2001 dell'Organizzazione mondiale della Sanità, il concetto stesso di  disabilità in forma dinamica,  come una inscindibile  relazione tra le  menomazioni soggettive della persona con disabilità ed i contesti sociali dove risiede, rendendo il tema dell’inaccessibilità/accessibilità delle strutture cittadine un elemento che condiziona in modo determinante il grado della disabilità.

P.E.B.A.  sono uno strumento che ha la finalità di conoscenza delle situazioni di impedimento, rischio e ostacolo per la fruizione di edifici e spazi pubblici, nonché rappresentano il punto di partenza per la redazione di Piani Pluriennali di abbattimento delle barriere architettoniche.
Inoltre, è uno strumento progettuale per avviare procedure coordinate, per eseguire gli interventi di “attenuazione” dei conflitti uomo-ambiente.
È quindi il preludio, la base, sulla quale cominciare tutte quelle azioni di “design urbano” che mirano a interventi più o meno dedicati.

Il tutto, per migliorare la qualità della rete di servizi, tempi e occasioni fornite dalla città, partendo dalle necessità di chi maggiormente richiede attenzioni, per giungere a definire risposte, capaci di garantire il quadro associante a cui mira una città solidale e quindi accessibile.

Riguardo al presente argomento ed altre problematiche delle persone con disabilità e non, ogni venerdi alle 18.30, presso la sede dell'Associazione "Contro le Barriere" (Taranto - Via Cugini n. 39/40), un gruppo di persone, denominato provvisoriamente ,TARANTO SENZA BARRIERE, si riunisce per organizzare attività di sensibilizzazione ed iniziative ludico e culturali nella nostra città. 
Per ulteriori informazioni al riguardo contattare il 340 50 688 73


martedì 12 settembre 2017

Resoconto dell'incontro del 8 settembre 2017



Venerdì 8 settembre alle ore 18.30, come da post del 28 agosto 2017, si è svolto l’incontro organizzato dall’Associazione “Contro le Barriere”, il cui oggetto era quello di decidere le iniziative e le attività che l’Associazione citata potrà svolgere a partire da questa data, alla quale erano stati invitati oltre ai soci della stessa, persone che hanno collaborato con essa o che abbiano intenzione di farlo, durante questo percorso.

All’incontro eravamo n. 25 persone, di cui 6 soci dell’Associazione organizzatrice.
Dopo aver spiegato il motivo dell’incontro e letto una lettera che l’Associazione “Contro le Barriere”  aveva intenzione da inviare al Sindaco, al fine di chiederli di convocare un incontro pubblico riguardo al superamento delle barriere architettoniche esistenti in questa città ed alla ricostruzione della Consulta sulla Fragilità, si è aperto il dibattito.
Si è evidenziato che in questa città manca un unione di intenti fra le varie Associazioni, le quali svolgono le loro attività in completa solitudine, coltivando il loro orticello, ed, il più delle volte, in antitesi con altri sodalizi che si interessano alle stesse problematiche.
Pertanto, per ovviare a questo comportamento, si decide che la lettera al Sindaco, diventi un documento/manifesto/petizione da far firmare a più cittadini possibili.
Al prossimo incontro finalizzeremo come attivarci in merito.
Inoltre, ci adopereremo  per organizzare al meglio la 2ª edizione della Marcia della Sopravvivenza per il 3 dicembre (Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità) prossimo, al fine di renderla più partecipata di quella dell’anno scorso.
Per esempio, l’evento non si soffermerà solamente a rivendicare i diritti costituzionali negati ai diversamente abili, ma, anche, ai disagiati sociali ed economici.
Dal presente incontro è scaturita l’esigenza di aggiungere a questo gruppo dei professionisti volontari (avvocati, geometri, dottori) che possono supportarci nelle azioni che intraprenderemo.
In tal senso ognuno dei presenti si adopererà in questa ricerca, tra i loro conoscenti.
Concludendo si decide di incontrarsi ogni venerdì alle 18.30, sempre nella stessa sede, al fine di  conoscerci meglio per attivarci per le azioni che questo gruppo di persone svolgerà.

Per comunicare tra di noi sono stati creati due gruppi chat su Messenger ed Whats App nel quale faranno parte tutti quelli che parteciperanno a questi incontri settimanali.

Al momento sono stati inseriti i presenti all’incontro avvenuto, mano a mano, saranno aggiunti gli altri che si presenteranno nei prossimi incontri.

Pertanto, il prossimo incontro avrà luogo venerdì 15 alle ore 18.30.

Per maggiori informazioni telefonare al 340 50 688 73 od inviando una mail a controlebarriereavdi@gmail.com

COMMENTI SU UN MANCATO SOCCORSO DI UNA PERSONA IN CARROZZINA

Si riporta questo post per evidenziare alcuni commenti di utenti di facebook, che fanno riflettere sulle condizioni che vivono le persone con disabilità nella nostra città.
Chi esprime solidarietà offrendo le proprie gambe per dare delle stampate, se chiamati sarebbero subito intervenuti e speranzosi "prima o dopo le cose cambieranno".
Commenti che, esprimono sdegno per quanto accaduto, usando termini come "semplicemente vergognoso", disdegnando le istituzioni, perché non esistono servizi del genere per i disabili, ma, se hai soldi riesci ad averli.
Invece, chi incoraggia affermando che le vittime di queste umiliazioni, malgrado ciò, hanno, comunque, la forza di abbattere ogni barriera, invitandolo, ironicamente, a rivolgersi al Santo patrono.
Commenti che imputano al corpo dei Vigili del Fuoco, rei di non essere intervenuti in questo frangente e passibili di eventuali denunce.
Altri, che accusano la politica della sinistra perbenista per questo tipo di situazioni, in cui i disabili non vengono soccorsi.
Come si evince, commenti che raffigurano una situazione nella quale pur esistendo tante Associazioni (ogni malattia è ben rappresentata) che dicono di tutelare i diversamente abili, bisogna parlare ancora di queste diseguaglianze.  





venerdì 8 settembre 2017

Basta con queste discriminazioni: far rispettare le Leggi!




Uno dei tanti casi di inaccettabile discriminazione, riguarda un giovane di Cosenza che si sposta su una sedia a rotelle, cui è stato vietato l’accesso in un bar. 


Ancora una volta, dunque, è necessario da una parte ricordare che anche i locali privati aperti al pubblico devono per legge essere accessibili in tutto o in parte alle persone con disabilità, dall’altra auspicare che i Sindaci e le altre Autorità intervengano per questo e per altri casi di discriminazione riguardanti edifici, locali, spazi e mezzi pubblici e privati non accessibili alle persone con disabilità.

Se poi, come in questo caso, ci sono barriere o se il pavimento del bar si dovesse rovinare al passaggio di una carrozzina, è stato evidentemente commesso un errore progettuale e il proprietario è tenuto a rimuovere tutti gli ostacoli esistenti e a garantire l’accessibilità a tutti. 


In caso contrario l’autorizzazione potrebbe anche essere ritirata.


All’articolo 24, comma 7, la Legge Quadro 104/92 prevede che «tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l’utilizzazione dell’opera da parte delle persone handicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili. Il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l’agibilità o l’abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili. Essi sono puniti con l’ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi».
Nello specifico del caso citato, poi, l’articolo 7,comma 4 della Legge Regionale della Calabria sulle barriere architettoniche (8/98) prevede che il Sindaco verifichi «la rispondenza alle prescrizioni indicate ai commi precedenti sia nell’esame dei progetti in sede di rilascio dell’autorizzazione o della concessione edilizia, sia nel controllo di quanto eseguito in sede di rilascio del certificato di abitabilità o agibilità».
Infine, va sempre ricordato che nel 2006 è stata approvata in Italia la Legge 67 per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni, le cui finalità sono quelle di promuovere la «parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità» ai sensi dell’articolo 3 della nostra Costituzione. Chi discrimina potrebbe pertanto anche essere denunciato.
Mi auguro a questo punto che i Sindaci e le altre Autorità intervengano per questo e per altri casi di discriminazione riguardanti edifici, locali, spazi e mezzi pubblici e privati non accessibili alle persone con disabilità.

Si prega cliccare sul seguente link: 


giovedì 7 settembre 2017

Diffondere il Manifesto sui diritti delle donne con disabilità





In questi giorni il Forum Europeo sulla Disabilità, ha approvato il 2° Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea.
Questo documento dev’essere diffuso capillarmente dalle Associazioni e Federazioni che si occupano di disabilità, così come dai movimenti femminili e femministi, perché è necessario richiamare con forza l’attenzione sull’urgenza di contrastare la discriminazione multipla delle donne con disabilità.
La traduzione italiana la potrete scaricare dal seguente link:


Per capire l’importanza di questo documento è necessario fare un passo indietro, e tornare al mese di agosto dello scorso anno, quando il Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità aveva richiamato l’Italia per la mancanza di misure rivolte alle specifiche esigenze delle donne e delle ragazze con disabilità, raccomandando che la prospettiva di genere venisse integrata nelle politiche per la disabilità, e che la condizione di disabilità venisse incorporata nelle politiche di genere.

Oltre a questo richiamo di carattere generale, lo stesso Comitato aveva espresso altre preoccupazioni, con riferimento specifico alla discriminazione di genere riguardo alle campagne di comunicazione di massa, alla violenza contro le donne, alla mancanza di accessibilità fisica e delle informazioni relative ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva e in merito al basso livello occupazionale delle donne con disabilità.

È questo un quadro reso ulteriormente drammatico dalla disattenzione dell’associazionismo di settore, il quale, a parte sporadiche e circoscritte iniziative, non è riuscito ad elaborare una riflessione, né ad avanzare una proposta politica complessiva che prenda in esame in modo congiunto il genere e la disabilità.
Il genere, infatti, è ancora considerato come una variabile neutra della quale non vale la pena occuparsi personalmente, e la cui competenza è rimandata all’associazionismo e ai movimenti femminili e femministi; i quali, dal canto loro, non ritengono di doversi occupare anche di disabilità. 


Accade così che la discriminazione multipla cui sono soggette le donne e le ragazze con disabilità, per il semplice fatto di essere simultaneamente sia donne che disabili, riscuota un interesse minimo o nullo e, in assenza di specifiche azioni di contrasto, persista indisturbata.

Ciò accade nonostante questo tipo di discriminazione sia esplicitamente riconosciuto e richiamato anche all’articolo 6 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge dello Stato 18/09).
Sono spesso le stesse donne con disabilità italiane a pensare che tutti i loro problemi derivino dall’avere una disabilità, e che le difficoltà dovute all’essere donne siano marginali o, comunque, secondarie rispetto a quelle imputabili alla disabilità. È evidente che – finché non ci disporremo ad assumere un’altra prospettiva – le possibilità di cambiamento saranno davvero scarse.

In un simile contesto, la nostra scelta di rendere linguisticamente accessibile il Secondo Manifesto ha il significato politico di sollecitare la riflessione su questi temi, e di richiamare con forza l’attenzione sull’urgenza di contrastare la discriminazione multipla delle donne e delle ragazze con disabilità.
In termini operativi, un primo segnale di inversione di marcia potrebbe scaturire dalle Associazioni che operano nel settore della disabilità, alle quali chiediamo di ratificare il Secondo Manifesto e di promuoverne la conoscenza a partire dal proprio interno, coinvolgendo soprattutto le donne (con e senza disabilità).
Un secondo passaggio potrebbe chiamare in causa le Federazioni Nazionali (FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e FAND-Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), per fare in modo che la riflessione sul contrasto alla discriminazione di genere diventi condivisa, traversale alle diverse Associazioni, e porti a proposte politiche di respiro nazionale, mirate e differenziate tenendo conto dei diversi tipi di disabilità.
Un terzo e ulteriore passaggio dovrebbe portare al coinvolgimento dell’associazionismo e dei movimenti femminili e femministi, non con vaghi inviti a occuparsi genericamente di donne e ragazze con disabilità, ma proponendo loro di aderire a proposte e iniziative specifiche, elaborate dalle stesse donne e ragazze con disabilità a partire dalle proprie esperienze, e dalle proprie esigenze e desideri.

Certo, si tratta di un piano ambizioso e coraggioso, che richiede impegno e fatica. 

Ma preoccuparsi solo di alcune discriminazioni (quelle legate alla disabilità), e non di altre (quelle legate al genere), significa disconoscere che le persone con disabilità, al pari di tutte le altre persone, sono uomini e donne e che, in quanto tali, hanno esigenze e desideri diversi. 

Pertanto, adottare il Secondo Manifesto vuol dire semplicemente impegnarsi a rendere visibile ed esplicita questa ovvietà, e anche ammettere che per le donne con disabilità il percorso verso la parità è molto più difficoltoso che per le altre donne (senza disabilità), e per gli uomini (con o senza disabilità).


Con piacere segnaliamo che la UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) ha ratificato il “Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea”. Un apprezzabile gesto di attenzione.


domenica 3 settembre 2017

Un altro anno di emergenza e precarietà?



Sebbene la normativa italiana per l’inclusione scolastica sia oggi riconosciuta come una delle più avveniristiche e all’avanguardia nel mondo, non si può non rilevare che l’attuale nostro modello di inclusione presenti diverse criticità strutturali. 


E se queste, come sembra, saranno affrontate ancora una volta dal Ministero con i soliti “interventi tampone”, quelle criticità sono destinate a rimanere tali e nemmeno nel nuovo anno scolastico si riuscirà a garantire un’inclusione realmente di qualità agli alunni e studenti con disabilità.

Anche quest’anno l’emergenza assoluta è rappresentata dal non più “eccezionale” e dallo spropositato numero di “docenti in deroga”, cui il Ministero ricorre ormai da tempo in modo continuativo, anche più volte nel corso di uno stesso anno scolastico, per coprire le tantissime cattedre di sostegno rimaste vacanti.
Al riguardo, i numeri prodotti relativamente all’anno scolastico 2016-2017 sono preoccupanti ed emblematici: se oltre 2 milioni e mezzo di alunni (il 33% dell’intera popolazione scolastica) si sono trovati con almeno un insegnante nuovo in classe, è andata ancora peggio agli alunni con disabilità, perché almeno 100.000 di loro (il 43% dei 233.000 alunni con disabilità presenti nelle classi di ogni ordine di scuola) hanno cambiato il docente di sostegno.
In tal senso, lo scorso anno è stato stimato che, quasi il 40% dei posti fossero coperti da docenti precari (47.000 su un totale di 120.000).
Questa situazione preoccupante ha determinato di fatto l’impossibilità di assicurare agli alunni/studenti con disabilità quella continuità didattica che risulta essere un fattore determinante per favorirne il successo scolastico. Se, tale problema non cambierà affatto neppure durante il prossimo anno scolastico, perché, in base ai dati recentemente forniti dal Ministero, ad esempio in Sicilia ben 4.872 cattedre di sostegno sono già state assegnate in deroga e ne sono rimaste libere oltre un migliaio.


Le cose, per altro, non vanno meglio neanche nelle altre Regioni italiane, se si pensa che, solo a Milano, vi sarebbero ancora da affidare più di 1.400 posti e in Abruzzo le “vacanze” sul sostegno sarebbero 1.741, in Liguria 603.


Questo vero e proprio “valzer di cattedre” si abbatte ciclicamente come uno tsunami sul sostegno (e anche quest’anno, sfortunatamente, non farà eccezione), perché il Ministero, nel mese di aprile di ogni anno, quando cioè dev’essere conteggiato l’organico di diritto (il numero dei docenti necessari per l’anno successivo), preferisce sottostimarlo e calcolarlo in difetto rispetto alle esigenze effettive, al solo fine di risparmiare, evitando dunque di aumentare le immissioni di insegnanti di ruolo.
Conseguenza di questa condotta non del tutto ineccepibile del Ministero è che, quando ogni anno ad agosto si fanno i conti reali, i nodi vengono al pettine e i vari Uffici Scolastici Regionali (USR) si trovano costretti ad integrare l’organico di diritto con quello “di fatto”, coprendo le migliaia di esuberi e di posti liberi, prima con le assegnazioni provvisorie (incarichi annuali attribuiti ad insegnanti titolari che chiedono il riavvicinamento) e poi con la “deroga” a supplenti con contratto a tempo determinato che, cosa ancor più grave, sovente non sono neanche specializzati.
Ciò è dovuto anche al fatto che, di fronte alla penuria di insegnanti di sostegno di ruolo a causa dei concorsi “al contagocce” e delle loro relative tantissime non ammissioni di questi ultimi decenni, al quasi avvenuto svuotamento delle GAE (Graduatorie ad Esaurimento) e alla scarsa disponibilità di assegnazioni provvisorie, recentemente, si sono susseguite decisioni ministeriali discutibili, che hanno finito con il mandare letteralmente in tilt il sistema scolastico territoriale.
A tal proposito si ricordi la Nota Ministeriale Protocollo n. 24306 del 1° settembre 2016, che recitava testualmente: «In caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati sono assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia».
L’auspicio è quindi che il Ministero, ad anno scolastico ufficialmente ormai avviato, non riproponga nei prossimi giorni quella stessa sciagurata Circolare, perché essa, nel corso del passato anno scolastico, ha causato soltanto danni, facendo sì che in assenza di docenti di ruolo, con le GAE praticamente esaurite e con un numero irrisorio di posti destinati alle assegnazioni provvisorie, migliaia di cattedre di sostegno siano state affidate ad insegnanti senza alcun tipo di specializzazione, costringendo in tal modo le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai Giudici, per dare un’istruzione adeguata ai proprio figli (8,2% per la scuola primaria e 5,1% per quella secondaria di primo grado, di cui al Sud rispettivamente il 12,4% e il 9,1%).

Ad esasperare ulteriormente gli animi dei genitori dei ragazzi con disabilità ci ha pensato pure il Contratto Collettivo Nazionale sulla mobilità annuale del 21 giugno scorso, sulla base del quale, ad esempio in Sicilia, quasi nessuna Provincia ha avuto per l’anno scolastico 2017-2018 molti posti destinati alle assegnazioni provvisorie e quindi chi sta provando a rientrare sul sostegno in questi giorni su quelle stesse Province, non ce l’ha fatta, o comunque non ci riuscirà così facilmente.
Ma il vero paradosso è che quei posti rimasti vacanti sul sostegno in Sicilia (ancora un migliaio, come sopra riferito), così come in tante altre Regioni, e non solo del Mezzogiorno, potranno essere coperti nel corso di questo nuovo anno scolastico non da docenti titolari, ma da laureati neppure abilitati, con le semplici lettere di “messa a disposizione”.
Insomma, l’esperienza di questi ultimi quarant’anni non sembra avere insegnato al Ministero che precarietà e scarso investimento sulla formazione degli operatori non giovano ai nostri ragazzi e che, soprattutto, il ricorso ormai quasi sistematico a una quantità pletorica di insegnanti per il sostegno in deroga, non abilitati e specializzati non è garanzia di qualità dell’inclusione scolastica.

Infine, si rammenti che le nuove modalità di formazione specifica universitaria dei docenti specializzati e del loro arruolamento, previste dai Decreti 59/17 e 66/17, attuativi della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola), entreranno a pieno regime tra non prima di due anni. E quest’ultima non trascurabile aggravante, ci rende ovviamente ancora più preoccupati e non ci fa ben sperare per il presente e l’immediato futuro inclusivo delle studentesse e degli studenti con disabilità del nostro Paese.
A questo punto, stanti così le cose e nonostante le recenti rassicurazioni del ministro Valeria Fedeli, si teme proprio che i drammatici numeri sopra riportati e l’atavica assenza di una “policy” a lungo termine del Ministero (con la previsione di un Piano di formazione obbligatoria e specifica sulla didattica inclusiva di tutto il personale scolastico e di assunzione strutturale dei docenti specializzati; con il loro mancato transito nell’organico di diritto; con il loro non avvenuto vincolo almeno al segmento formativo dell’alunno con disabilità; e con l’assenza di un sostegno “diffuso” all’allievo con disabilità, anche da parte del contesto territoriale, come confermato dalla stessa inspiegabile cancellazione dei CTS, i Centri Territoriali di Supporto, nel neonato Decreto attuativo della Buona Scuola sul sostegno) non potranno garantire agli alunni/studenti con disabilità, neppure durante l’anno scolastico 2017-2018, un processo di inclusione davvero di qualità.

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