mercoledì 28 giugno 2017

"Dopo di noi", la legge c'e'. Ora serve un impegno concreto


La legge tanto attesa è la 112/2016, meglio conosciuta come “Legge sul dopo di noi” ma, come troppo spesso succede nel nostro paese, i tempi di applicazione si stanno dilungando.
Per capire questa legge è necessario sapere che ha preso fondamento dai principi insiti nella convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità.
Inoltre, è  il frutto di percorsi e leggi precedenti, tra le quali la 104/92, la 328/2000 per l’integrazione dei servizi socio-sanitari e la 6/2004 che istituisce la figura dell’amministratore di sostegno per le persone prive in tutto o in parte di autonomia.
È una legge che si pone l’obiettivo di favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità.
La particolarità della legge 112/16, e per molti versi anche la sua limitazione, è il fatto che sia rivolta solo alle persone con disabilità grave come definita dalla dall’articolo 3, comma 3 della legge 104, prive del sostegno familiare.
In pratica sono persone la cui invalidità riduce l’autonomia personale in modo da rendere necessaria un’assistenza permanente e globale nella sfera individuale e in quella di relazione.
Bisogna segnalare che sono inserite in questa previsione, per accordi successivi, anche le persone con sindrome di down anche se spesso hanno una buona autonomia personale e sociale.
Sono esclusi dai benefici fiscali della legge gli anziani non autosufficienti e i disabili non gravi.
Per quanto riguarda le agevolazioni, gli strumenti previsti sono principalmente di due tipi:

   1)  la costituzione di un fondo per percorsi di deistituzionalizzazione, cioè di autonomia in case private o gruppi appartamento, comunque al di fuori di strutture assistenziali pubbliche/private;
   2)  sconti fiscali per la stipula di assicurazioni, costituzione di trust e fondi di garanzia a favore delle persone con disabilità grave.

Due strumenti che, favoriscono l’autonomia del disabile dopo la scomparsa dei genitori, ma la cui istituzione e avvio avviene quando i genitori/familiari sono ancora in vita.
Ciò significa, che i genitori hanno possibilità concreta e tutelata di decidere, insieme al figlio, di destinare beni, anche, immobili e soldi con la sicurezza che questi saranno effettivamente utilizzati come da volontà espressa.
Finora infatti non era così, perché si trattava di accordi o volontà che non avevano valore giuridico.
A tal proposito, c’è un caso di una famiglia che aveva lasciato al figlio disabile la propria casa e aveva comunicato la volontà che il figlio rimanesse a vivere in quella casa anche dopo la loro morte ai servizi sociali.
Nella realtà, una volta rimasto solo il figlio è stato inserito in una struttura perché i costi di “gestione” erano inferiori rispetto all’assistenza domiciliare.
Per fortuna ci sono anche altre situazioni positive, soprattutto nel caso in cui sia stata coinvolta un’associazione o una cooperativa che hanno realizzato, ad esempio, dei gruppi appartamento negli immobili lasciati in eredità garantendo percorsi di autonomia al figlio e ad altre persone con disabilità. Con la nuova legge non potranno esserci interpretazioni o variazioni nel momento in cui la volontà è chiara.
Per quanto riguarda l’attuazione di questa legge le Regioni dovranno predisporre un programma regionale,  da inviare al Ministero per approvazione, perché saranno loro a gestire il fondo dedicato, fissato in 90 milioni di euro per il 2016 e il 2017 e 43 milioni a partire dal 2018 e suddiviso tra le regioni sulla base della popolazione.
Una volta ricevuti i documenti dalle regioni, nel corso dei primi mesi del 2017, il ministero ha dato risposta favorevole a due terzi delle regioni mentre alle rimanenti, ha richiesto integrazioni o chiarimenti.
Sarà nostra cura chiedere alla Regione Puglia sé è stato redatto questo Regolamento, e, se in fase di attuazione.
Il problema di questa attuazione dipende dal livello culturale degli amministratori regionali e locali, passando per gli assistenti sociali, le realtà non profit e infine le famiglie, i quali dovranno essere capaci di pensare e realizzare veri percorsi di autonomia e di vita indipendente, nonché  se saranno in grado di rendere partecipi di questi percorsi i diretti interessati, ovvero le persone con disabilità grave, perché possano esprimere anche le loro volontà.





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