Cosa prevede la legge in merito agli sfratti di inquilini con disabilità?
Sono
previste particolari deroghe alla procedura di rilascio?
Sgomberiamo subito il campo: non è prevista una deroga particolare per il
soggetto con disabilità (in giurisprudenza c'è poco, in quanto esistono
soltanto ordinanze di sospensioni che riguardano un insieme di condizioni, tra
cui la disabilità) ma ci sono alcune cose da sapere al riguardo, che tutelano
questa categoria di inquilini.
I TIPI DI SFRATTO.
E’ importante innanzitutto ricordare come, per quanto riguarda lo sfratto,
l’ordinamento giuridico italiano determina 4 tipi di procedure di rilascio
immobile:
a) per finita locazione: allo scadere del contratto di locazione;
b) per necessità: si verifica quando il proprietario intende riutilizzare
l'alloggio o effettuare lavori previsti dalla legge;
c) per morosità: nei casi di protratto mancato pagamento del canone di affitto
e/o delle quote condominiali;
d) esecutivo, quando l'inquilino si rifiuta di consegnare le chiavi
dell'immobile.
Si premette che la presenza di
invalidi, anziani, disabili o portatori di handicap all'interno dell’appartamento
in affitto, generalmente, non comporta deroghe alla disciplina sugli sfratti.
OPPORSI ALLA PROCEDURA DI SFRATTO.
In linea generale l’inquilino - qualunque inquilino - può opporsi alla
procedura esecutiva, come una richiesta giudiziale di sfratto, chiedendo al
Giudice Istruttore una proroga, se in possesso dei requisiti previsti ai sensi
dell’art. 6 della legge 431 del 1998, e della LEGGE 8 febbraio 2007, n. 9
“Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali”
(ultra 65enni, basso reddito, ecc.).
Tra i requisiti presi in considerazione
nelle molteplici cause giudiziali relativamente alle procedure esecutive di
sfratto vi è la condizione oggettiva di un soggetto residente con disabilità.
Sarà però sempre il Giudice a stabilire se accogliere o meno la richiesta.
SOSPENSIONE DELLO SFRATTO E DISABILITA’.
Il Governo italiano ha però posto attenzione al problema in misura decisa,
soltanto ed esclusivamente sino al Decreto Milleproroghe 2011, in cui si
disponevano interventi a favore delle categorie disagiate, relativamente alle
richieste di sfratto, sino al 30 giugno 2012.
Da tale data sono seguite
soltanto proroghe temporanee (si vede Decreto Milleproroghe 2015), senza
disposizioni certe, valutando esclusivamente in primis il bilancio statale
gravante sulle misure economiche.
LE CONDIZIONI ECONOMICHE.
I provvedimenti legislativi che si sono seguiti nel tempo, hanno determinato
una nota di difesa e sostegno (anche se in presenza di altri requisiti) ai
soggetti disabili, facendo credere che si potesse arrivare ad una norma certa e
trasparente sul tema degli sfratti.
In tal senso, è opportuno ribadire come il
creditore, a seguito di tali provvedimenti, non poteva avanzare la richiesta di
sfratto al soggetto disabile, sempre in presenza di dette condizioni (in via
stragiudiziale a seguito di rilascio immobile, il soggetto disabile dovrebbe
attestare la malattia, con stato di famiglia e reddito).
Ulteriormente, si sottolinea, come certamente la condizione reddituale diventa
essenziale nei procedimenti esecutivi, in quanto costituisce risorsa secondaria
e affidabile per poter sostenere le difficoltà allo “sfrattato”.
Soprattutto in
presenza di morosità o finita locazione, diventa una difesa importante tale da
poter rinviare la decisione giudiziale di parecchi mesi.
DIRITTO A SISTEMAZIONE ADEGUATA.
Si evidenzia inoltre come motivo di difesa in sede di opposizione sia anche la
situazione oggettiva in cui il soggetto disabile vive; i correttivi mobiliari,
con contestuali accorgimenti tecnici pratici dell’immobile in uso al soggetto
disabile, devono essere importanti e fondamentali nella possibile ricerca di
altro immobile, tale da non pregiudicare un diritto alla salute e
quell’abbattimento delle barriere architettoniche tali da limitare la mobilità.
Al soggetto disabile sfrattato, deve essere data la possibilità di trovare una
sistemazione adeguata alle sue condizioni di malattia.
HANDICAP GRAVE E DIRITTO A RESTARE IN CASA.
Un esempio specifico della situazione suesposta, lo ricaviamo dal Tribunale di
Civitavecchia.
In data 26 giugno 2010 la relazione medica di parte, attestava
ad un soggetto una grave esperienza depressiva a rischio di suicidio, e lo
sfratto poteva aggravare le sue già tenui capacità di ripresa.
Il possibile
giovamento della permanenza nella sua abitazione e dall'attività rurale che
svolgeva quotidianamente in tale luogo, era fondamentale per la sua salute
fisica ma soprattutto psichica, data la potenzialità di suicidio in un futuro
trasferimento.
Orbene, grazie al decreto-legge n. 225 del 2010 (cosiddetto
milleproroghe), nelle more delle procedure di notifica, il soggetto disabile è
riuscito faticosamente a rimanere nell'abitazione, e tale motivo di difesa che
riguardava un peggioramento delle condizioni di salute a causa di un futuro
trasferimento, ha fatto sì che il Giudice sospendesse l’esecuzione.
A tal proposito, appare utile richiamare, per quanto attiene la categoria della
persona con handicap grave, la legge 5 febbraio 1992, n.104 (legge quadro per
l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti sociali) nella quale viene
indicato che la situazione di handicap assume connotazione di gravità qualora
la minorazione fisica, psichica o sensoriale, singola o plurima, abbia ridotto
l’autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un
intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera
individuale o in quella di relazione.
Ai fini della dimostrazione della
sussistenza della condizione di handicap grave, deve essere consegnata
all'ufficiale giudiziario (in procedimento esecutivo di sfratto) copia conforme
della certificazione rilasciata dalle commissioni mediche istituite presso le
aziende sanitarie locali ai sensi dell’articolo 4 della citata legge n. 104/92.
In questi anni altri provvedimenti ministeriali sono stati emessi finalizzati a
proroghe; purtroppo non è mai stata condotta una regolamentazione autonoma del
problema, con una soluzione automatica, e un blocco automatico a monte della
procedura esecutiva.
Infatti come sancito da numerose sentenze del Giudice
dell’Esecuzione di tribunali importanti, veniva disposta una sospensione
soltanto ed esclusivamente in sede di opposizione giudiziale così come previsto
dall' art. 615 del codice di procedura civile.
Conseguentemente, l'ufficiale
giudiziario poteva sospendere lo sfratto solo a seguito di un provvedimento in
questo senso del giudice.
Il presente articolo è tratto dalle une delle tante risposte fornite on line e gratuitamente dall'Avv. Roberto Colicchia ad una domanda ricevuta in merito.