domenica 26 marzo 2017

Gli impulsi erotici e i desideri non vanno ignorati

La disabilità non è una mancanza, ma una dimensione della diversità.
In Italia il sesso è ancora un tabù: la psico-sessuologia non è una disciplina riconosciuta.
L'educazione sessuale non esiste, se non per iniziativa di alcuni istituti scolastici.
Nella gran parte dei Paesi europei è obbligatoria dalle elementari alle superiori.
La disabilità non è una sola, la sessualità invece sì.
Pensiamo alla disabilità sensoriale per esempio: le persone non vedenti o non udenti che possono vivere la sessualità in modo assolutamente sereno.
Ancora diversi sono i casi di disabilità motoria: c'è chi non ha nessuna difficoltà e chi invece non ha le informazioni o gli ausili corretti.
Ma ci sono altri casi, pensiamo per esempio allo spasticismo: senza un adeguato supporto educativo ci si trova in una situazione di isolamento.
Se poi si parla di disabilità cognitive e casi psichiatrici, la situazione si complica ancora di più.
Si va da situazioni in cui non c'è nessun tipo di problematica, al tabù più assoluto.
Ci sono dei falsi miti, difficili da sfatare, come considerare un diversamente abile «un angelo» o un «eterno bambino».
Quando durante la pubertà si vedono delle espressioni di piacere o ricerca del piacere, chi sta vicino a questi ragazzi si trova in una situazione difficile.
Senza gli strumenti giusti, quando compaiono impulsi e desideri sessuali si tende a ignorarli o rifiutarli.
A chi spetterebbe accompagnare chi è in difficoltà?
Spetta a chi circonda la persona disabile, i genitori, i familiari e gli operatori professionali.
Al momento però non c'è stato nessuno sforzo sistematico in questa direzione.
Nella stragrande maggioranza delle strutture che accolgono le persone disabili non esistono le giuste professionalità.
Nel nostro Paese non esiste una legge  sulla sessualità assistita, come in altri Paesi europei.
Il primo passo sono educazione e formazione: chi lavora o vive con una persona disabile dovrebbe essere messo nelle condizioni di reagire nel modo corretto.
Poi c'è l'assistenza sessuale: non fredda prestazione sessuale.
Vanno formati operatori capaci di creare una situazione in cui la menomazione non è limite all'appagamento di bisogni sessuali ed affettivi.
A chi ci si può rivolgere?
Per una famiglia è difficile trovare la persona giusta, perché in Italia non esistono assistenti sessuali formati.
Se una famiglia si rivolge a un sex worker che non conosce la patologia, si possono fare dei gravi danni.
L'isolamento del disabile, con il nucleo familiare che pensando di proteggerlo, si chiude.
Non sono rari i casi in cui sono i genitori a soddisfare i figli, con un dramma nel dramma.
Bisogna parlare della sessualità, che non è un "di più" o qualche cosa che si può mettere da parte.
Si inizia dall'accettazione e dall'educazione.

Si prega leggere questo appello, al seguente link: 


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