Questo articolo vuole accendere i riflettori sui principali “buchi” del recente Decreto Attuativo
66/17 della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola) sull'inclusione scolastica.
E' sotto gli occhi di tutti e specialmente dei più
autorevoli esperti di inclusione che, senza alcuna remora, l’hanno definito
«una “leggina” che evita solo il peggio», perché questo provvedimento
lascia irrisolti alcuni degli atavici “mali scolastici” del sostegno italiano, che il clima spensierato delle vacanze e la canicola
estiva devono fare abbassare la guardia e spegnere i riflettori.
Incominciamo dal problema della formazione specifica iniziale e in
servizio di tutto il personale scolastico (e non solo dei docenti per il
sostegno) sulla didattica inclusiva e sulla pedagogia speciale.
Se infatti la formazione iniziale universitaria specifica per gli insegnanti di
sostegno della scuola dell’infanzia e primaria sarà caratterizzata da un
aumento dei crediti formativi sulla didattica inclusiva e sulla pedagogia
speciale dagli attuali 60 a 120 (art. 12 del Decreto 66/17), lo stesso
aumento di crediti non è tuttavia stato previsto dall'art. 10 di un altro
Decreto Attuativo della Buona Scuola (59/17, sulle nuove modalità di
arruolamento e reclutamento dei docenti), per la formazione specifica sull'inclusione da parte degli insegnanti specializzati della scuola secondaria
di primo e secondo grado.
Inoltre, il loro percorso di inserimento lavorativo –
il nuovo e farraginoso triennale FIT (Formazione, Inserimento e Tirocinio) –
sarà più incentrato sulla quantità e sul numero dei crediti, che non sulla qualità
e sull'efficacia didattica dei contenuti.
Anche la formazione generalizzata di tutti i docenti di ruolo, degli ATA
(Ausiliari Tecnici Amministrativi) e dei dirigenti scolastici sulla didattica
inclusiva è stata stabilita solo “simbolicamente” dalla Buona Scuola, perché
essa – sbagliando – non ne fa loro obbligo.
Alla luce dunque di tutto ciò, il problema sarà ora quello di capire se, con
questa “benedetta” neonata Delega sull'inclusione ci sarà un effettivo
cambiamento qualitativo.
La sola assegnazione
dell’insegnante di sostegno con un numero congruo di ore all’alunno/studente
con disabilità non è sufficiente a garantirne il successo scolastico e
formativo, se:
1) La medesima delega sull'inclusione della Buona Scuola fa finta di
dimenticarsi che i docenti per il sostegno sono sovente insegnanti in deroga,
in “messa a disposizione”, in esubero dalle altre classi di concorso e
utilizzati pescando dalle Graduatorie di Circolo e d’Istituto, anche se non
specializzati ed abilitati.
Tale situazione è gravissima e va assolutamente
denunciata, perchè l’attuale inefficace e deficitario sistema del sostegno, composto da oltre
il 40% di insegnanti specializzati precari e fondato sulla loro appartenenza all'organico, di fatto e non a quello di diritto, si automantenga
vergognosamente, “legittimando” le famiglie dei nostri ragazzi a presentare
ripetutamente ricorsi alle autorità giudiziarie.
2) La presenza del docente per il sostegno non è affiancata da un contesto
veramente “inclusivo”.
A tal riguardo, la nomina
dell’insegnante specializzato -pur rappresentando un sacrosanto diritto
assolutamente esigibile dai nostri ragazzi e dalle loro famiglie – da sola
rischia di essere quasi inutile e di ingenerare false aspettative nei genitori,
portando a ripetere le distorsioni e gli sbagli dell’attuale modello
dell’inclusione scolastica, che hanno finito per provocare i deprecabili
fenomeni della deresponsabilizzazione dei docenti curricolari rispetto ai loro
alunni con disabilità e la perversa delega al solo collega di sostegno dei loro
insegnamenti e delle loro valutazioni.
Quello che avrebbe dovuto promuovere il Decreto 66/17, e che colpevolmente non
ha fatto, avrebbe dovuto essere invece la promozione di un contesto veramente
accogliente e inclusivo, dove il PAI (Piano Annuale per l’Inclusività) potesse
essere finalmente parte integrante della progettazione, della didattica e della
valutazione delle Istituzioni scolastiche italiane e, dunque, anche dei loro
Piani Triennali dell’Offerta Formativa.
Con la delega sull’inclusione, al contrario, non è avvenuto nulla di tutto ciò:
i CTS (Centri Territoriali di Supporto) sono scandalosamente scomparsi dalla
circolazione (e con loro la possibilità di aprire al loro interno anche
“Sportelli Tiflodidattici” per alunni con disabilità visiva). A sostituirli
sono arrivate le “ectoplasmatiche” Scuole Polo.
Nessun accenno, inoltre, si è fatto a finanziamenti per servizi
exstrascolastici di supporto all’inclusione degli alunni con disabilità (quali
potrebbero essere ad esempio i diciassette Centri di Consulenza Tiflodidattica
della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi e della Biblioteca
Italiana per i Ciechi Regina Margherita e gli ex Istituti dei Ciechi). Per non
parlare della vexata quaestio della continuità didattica, da tutti invocata, ma
quasi mai attuata concretamente a scuola per gli studenti con disabilità.
Rispetto a quest’ultimo spinoso problema, mentre la prima bozza di Decreto
(Atto del Governo n. 378) prevedeva un vincolo decennale sul sostegno per gli
insegnanti, ora, nel testo definitivo, entrato in vigore il 31 maggio scorso,
all’art. 14 il Governo ha deciso di mantenere l’attuale vincolo quinquennale
(sul ruolo e non nella stessa scuola), nelle more di superarlo definitivamente,
al momento dell’entrata a regime della nuova disciplina della formazione
iniziale e del reclutamento degli insegnanti.
Inoltre, i contratti a tempo
determinato potranno poi essere reiterati «a docenti supplenti più volte nel
corso dell’anno scolastico successivo».
Come dire: «Evviva la “supplentite”!».
E ancora, sempre all’art. 14 dello Schema iniziale di Decreto, si è
aggiunto nel testo definitivo che «al fine di garantire la continuità didattica
durante l’anno scolastico, si applica l’articolo 461 del testo unico di cui al
decreto legislativo n. 297 del 1994»: almeno per tutto l’anno, quindi,
l’insegnante di sostegno dovrebbe rimanere lo stesso.
Insomma, il Decreto 66/17 non solo sconfessa la stessa Legge della Buona
Scuola, di cui dovrebbe essere un Decreto Attuativo (l’art. 1, comma 181
della Legge 107/15, che traeva origine dalla Proposta di Legge n. 2444 di
FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e FAND-Federazione
tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità, prevedeva infatti
il vincolo del docente per il sostegno all'intero segmento formativo seguito dall'alunno), ma finisce pervicacemente per provocare il perdurare delle
attuali criticità del sistema dell’inclusione, a causa delle quali i ragazzi
con disabilità sono costretti, ogni anno, a cambiare insegnanti specializzati e
a ricominciare sempre tutto da capo, senza una continuità del contesto
exstrascolastico, facendo convincere pertanto i loro genitori che l’insegnante
specializzato sia l’unica risorsa a disposizione dei loro figli.
In definitiva, la verità è che, senza una funzione e un ruolo ben definiti e
una formazione specifica non solo “quantitativa” dei docenti per il sostegno,
senza un piano strutturale e a lungo termine di loro assunzione e
stabilizzazione, senza investimenti seri ed efficaci sul contesto e sui servizi
territoriali exstrascolastici a supporto del processo d’inclusione, e senza
alcuna garanzia per gli alunni con disabilità di un’adeguata ed effettiva
continuità didattica, nessuna riforma del sostegno potrà mai realisticamente
assicurare per ogni ragazzo quelle condizioni di pari opportunità nel
raggiungimento del massimo possibile dei traguardi d’istruzione, tanto decantate
dalla recente normativa italiana sull’autonomia scolastica e soprattutto dal
recente Decreto Attuativo della Buona Scuola.
Nessun commento:
Posta un commento