Più risorse economiche per le terapie riabilitative per i bambini con
disabilità e l’estensione delle stesse almeno fino ai 21/25 anni: oggi infatti
al compimento dei 18 anni si e` adulti, e quindi a 18 anni e un giorno la
riabilitazione si conclude.
È quanto chiede la Commissione Bicamerale per
l'Infanzia e l'Adolescenza nel documento “Il diritto alla salute dei minori
diversamente abili”, approvato il 27 giugno a conclusione di un’indagine
conoscitiva durata un anno (in allegato in fondo all'articolo, in anteprima il
documento integrale approvato dalla Commissione).
Fra i dati raccolti nel documento spiccano questi: il livello del contenzioso
per gli studenti con disabilità è elevato, giacché l’8,5% delle famiglie di
alunni con disabilità nella scuola primaria e il 6,8% nella secondaria di I
grado hanno presentato ricorso all'Autorità giudiziaria.
I tassi di occupazione
dei giovani con disabilità all'uscita dalla scuola permangono molto bassi
(3,5%) e in particolare i giovani con disabilità psichica rischiano di rimanere
permanentemente esclusi dal sistema produttivo.
Il 30-35% delle scuole italiane
presenta barriere architettoniche (Anagrafe degli edifici scolastici, 2015) e
necessita di un intervento di adeguamento alla normativa in materia.
Gli alunni
con disabilità di origine straniera sono in crescita (il 12% del totale degli
alunni con disabilità nell'anno scolastico 2014/15), ma non c’è un’attenzione
specifica per loro.
Il 42% degli studenti con disabilità ha cambiato
l’insegnante di sostegno da un anno all'altro nella scuola primaria e il 16% lo
ha cambiato nello stesso anno scolastico.
L’incidenza della disabilità nella
fascia giovanile ha subito in linea generale un incremento, destinato ad
aumentare, sia in valori assoluti che percentuali.
Nella scuola italiana ad
esempio in dieci anni (dall’anno scolastico 2004/2005 all’anno scolastico
2014/2015) gli alunni con disabilità sono passati da 167.804 a 234.788 (+39,9%)
a fronte di un calo di alunni complessivo, nel decennio, pari a un -0,4%.
La
maggioranza degli alunni con disabilità frequenta una scuola statale (218.905),
mentre 12.221 alunni con disabilità frequentano una scuola paritaria. Gli
alunni con disabilità intellettiva sono (anno 2015) 152.551, quelli con una
disabilità motoria 5.822, quelli con disabilità uditiva 6.217 e con disabilità
visiva 3.638.
Le audizioni (e quindi il documento) hanno approfondito lo status attuale della
presa in carico per alcune disabilità specifiche: la sindrome di Down, li
disturbi dello spettro autistico, l'epilessia in età pediatrica, le disabilità
neuromotorie e in particolare le paralisi cerebrali infantili, la sordità,
l'ipovisione.
Focus specifici sono stati fatti sulla riabilitazione delle gravi
disabilità infantili, in particolare sullle metodiche di riabilitazione
nuromotoria, sulle nuove prospettive della riabilitazione neuromotoria (con
stimolazioni intracerebrali e con cellule staminali), sulla situazione dei
reparti di neuropsichiatria infantile.
Antonia Madella Noja, segretario generale della Fondazione TOG (http://togethertogo.org/) ha sottolineato come l'inserimento obbligatorio nella scuola dei bambini con disabilità abbia una
valenza non solo etica-sociale ma anche neurologica.
La scuola cioè ha forte
ruolo anche in campo riabilitativo: grazie al mirroring (il sistema dei neuroni
a specchio) il bambino che vede il comportamento di un compagno modifica la sua
struttura cognitiva, cosa che non potrebbe accadere in una classe di soli
bambini con disabilità.
Anna Mazzucchi invece, neurologa e neuropsicologa
coordinatrice della rete Gravi cerebrolesioni acquisite della Fondazione Don
Gnocchi ha sottolineato la mancanza di un registro nazionale per queste
patologie.
Di stimolazioni intracerebrali hanno parlato Letizia Leocani e Maria
Grazia Natali Sora, rispettivamente professoressa e neurologa del San Raffaele
di Milano: l'elettrostimolazione e la stimolazione magnetica cerebrale sono un
approccio sperimentale non ancora riconosciuto dal SSN che consentono di
attivare una determinata area del cervello, attivandone i neuroni con corrente
elettrica e/o campi magnetici, valutando immediatamente gli effetti.
È pertanto
possibile attivare l'attività di un'area che si vuole potenziare (ad esempio
l'area motoria) o diminuire l'attività di un'area iperattiva.
Le applicazioni
al momento possibili riguardano la paralisi cerebrale infantile, il trauma
cranico, il disturbo del movimento, l'autismo, l'epilessia, la dislessia,
l'abuso di alcool, sostanze e anche di cibo.
In prospettiva quindi anche
l'obesità infantile potrà essere curata con tali metodiche.
L'uso delle cellule
staminali cerebrali per le terapie innovative è stato approfondito dalla
Commissione nel corso dell’audizione del professor Angelo Vescovi, associato di
Biologia cellulare all'Universita` degli studi di Milano Bicocca e Direttore
scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo,
che ha anticipato i risultati in via di pubblicazione su tutti i 18 pazienti
malati di SLA che hanno ricevuto un trapianto di cellule staminali all'interno
di una sperimentazione iniziata tre anni fa: «la sperimentazione di fase I si è
conclusa con successo e non sono stati rilevati danni collaterali
significativi».
La fase II della sperimentazione partirà a fine 2017 mentre
sono state concesse le autorizzazioni per partire con una sperimentazione di
fase I su malati di sclerosi multipla. Vescovi ha anche affermato che,
sviluppando la scoperta iniziale del Nobel Yamanaka, nel giro di quattro anni
al massimo sarà possibile ottenere staminali cerebrali partendo da cellule
epiteliali umane, senza dover utilizzare staminali fetali: «il processo di
riproduzione della cellule staminali avverrà in forma autologa, tanto che è in
fase di creazione una banca ad hoc».
Diverse le associazioni e le relatà non profit audite - fra cui Fondazione
Ariel, Aias, Fondazione Don Gnocchi, Fondazione TOG - che hanno sottolineato
alcune criticità.
In sintesi, un primo aspetto è la carenza di dati, non
omogenei e non rilevati in modo costante e la mancanza di registri di malattia.
La seconda è la carenza di risorse economiche a cui «in parte si potrebbe
ovviare con le associazioni, che generalmente forniscono un servizio su base
prevalentemente volontaria.
Una migliore utilizzazione di questa risorsa
garantirebbe una riduzione dei costi, non solo nell'assistenza ai ragazzi e
alle loro famiglie, ma anche relativamente al problema della formazione di
personale competente».
Un altro ambito in cui un intervento è necessario è la
famiglia, «che ha bisogno di un sostegno globale nella gestione dei figli con
disabilità, in un continuo rapporto di confronto e reciproco arricchimento con
il personale specializzato nella cura e nella riabilitazione.
Spesso però ci si
scontra con la carenza di strutture che coprano l’intero percorso
riabilitativo: passata la fase acuta il bambino torna a casa e al famiglia trova
gravi difficoltà ad affrontare il seguito del percorso rieducativo e
l’inserimento nelle varie realtà sociali».
Nelle conclusioni la Commissione denuncia «lo stato di sempre maggiore
criticità delle risposte per bambini e adolescenti con disturbi neuropsichici e
per le loro famiglie», si richiedono «trattamenti tempestivi e appropriati,
preceduti da una diagnosi precoce, in grado di cambiare il decorso dei
disturbi», si denuncia «una storica insufficienza di investimenti nel settore
ed un loro uso spesso non basato su evidenze scientifiche aggiornate, nonché le
enormi differenze tra i sistemi organizzativi regionali», e si richiede al
Ministero della Salute e alle Regioni di «garantire adeguati investimenti di
risorse e la condivisione di modelli organizzativi, la presenza omogenea in
tutto il territorio nazionale di un sistema integrato di servizi di
Neuropsichiatria infantile, sia in termini di professionalità che di strutture,
territoriali ed ospedaliere». Fra le altre richieste segnalate nelle conclusioni
c’è la necessità di introdurre un fisioterapista nelle terapie intensive
neonatali e un’estensione delle terapie riabilitative previste in età
pediatrica almeno fino ai 21/25 anni, dal momento che la gran parte delle
disabilità dei minori sono di durata long life: l’offerta riabilitativa oggi –
afferma la commissione Infanzia – è «carente sia in termini qualitativi che
quantitativi», nonché estremamente disomogenea sul territorio nazionale, «un
problema questo che non può più essere ignorato».
Le ultissime parole delle 92 pagine del documento sono queste:
«È evidente che
per affrontare i problemi emersi nel corso dell’indagine, soprattutto per
quanto riguarda la riabilitazione, è assolutamente necessario investire risorse
adeguate. L’ideale sarebbe fare uno sforzo elevatissimo nei primi anni di vita,
con quella che è stata opportunamente definita una sorta di “aggressione”
riabilitativa a tutto campo: psicologica, motoria, nutrizionale e così via,
perché proprio in questi primi anni il bambino è estremamente ricettivo. Negli
anni successivi, l'impegno della mano pubblica potrebbe diminuire, se persone
competenti, anche volontari, potessero aiutare a gestire questi bambini
disabili sia a casa che a scuola».
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